Autrici di Civiltà è un sito nato per rendere visibile il lavoro quotidiano e incessante che le donne fanno in qualsiasi attività di ricerca, un impegno che rimane spesso invisibile perché segue una visione differente da quella dominante. E’ con questo spirito che abbiamo voluto pubblicare due testi presenti sul sito Associazione Laima di due donne che ieri hanno onorato la grande archeologa Marija Gimbutas il giorno del centenario della sua nascita.
Lo facciamo con la consapevolezza che occorrono reti e relazioni fittissime per lo scambio di intuizioni necessarie a fecondare pensieri e ricerche. Ringraziamo dunque Morena Luciani Russo e Daniela Degan e l’Associazione Laima per aver condiviso con noi.
Qui l’articolo originale di Morena Luciani Russo – Qui l’articolo originale di Daniela Degan
La rivoluzione Gimbutas.
di Morena Luciani Russo
A 100 ANNI DALLA NASCITA DI MARIJA GIMBUTAS CELEBRIAMO CON ARTICOLI ED EVENTI UNA DONNA STRAORDINARIA.
Ho dedicato molto del mio tempo a Marija Gimbutas in questi ultimi vent’anni. Come studiosa di antropologia e di culture arcaiche, come artista e come ricercatrice di un percorso sul sacro e sulle declinazioni sciamaniche che il Femminile assume là dove può tornare a manifestarsi.
Mi piace chiamarla Rivoluzione Gimbutas. Un processo che iniziò a disgregare un pensiero archeologico e sociale secondo cui sin dai primordi l’umanità presentava caratteristiche gerarchiche e belligeranti ed era orientata ad un trascendente Dio celeste e punitivo, un passato oscuro che ancora oggi legittima la legge del più forte e dell’accaparramento delle risorse della Terra.
Marija Gimbutas con lo sguardo e la sapienza di una donna genio, osservò ciò che nessuno prima di allora aveva notato, decifrò una simbologia ricorrente sulle statuine e sui manufatti di epoca neolitica, mettendo questo materiale in relazione con quello paleolitico e dell’epoca del bronzo e riuscì a ricostruire una vera e propria mitologia utilizzando gli studi di filologia, etnologia e folklore del mondo slavo a cui apparteneva e di quello mediterraneo. Questo lungo percorso di ricerca e di vita la portò a comprendere che qualcosa di enorme era stato omesso e dimenticato nella narrazione delle origini, un’umanità che si considerava organismo ciclico e ritmico sintonizzato con il movimento circolare della vita, della morte e della rigenerazione e che rappresentava questi stati di esistenza nel corpo di una Grande Madre Cosmica che era Albero, Montagna, Sole, Luna e innumerevoli volti animali.
L’aspetto più affascinante diceva Gimbutas “era la sua capacità di mutare da una forma all’altra, lei poteva essere l’ape, la farfalla, così come la scrofa e questa era una bellissima filosofia, di riverenza e di amore per la Terra“(1).
Prima della Rivoluzione Gimbutas la preistoria era un luogo oscuro e “primitivo”(2), dopo le sue ricerche divenne un luogo di bellezza, di donne e uomini evoluti che vivevano in pace e in unione con le forze naturali, che conoscevano i segreti del cielo, del suono e delle energie che si muovono tra il corpo umano e quello della Terra. Credo che solo i primi resoconti etnografici sugli Aborigeni Australiani e sui Boscimani, possano darci un’idea di come le nostre Antenate e i nostri Antenati vivessero allora il rapporto con il cosmo e di quello che Marija Gimbutas colse attraverso i suoi studi.
La società belligerante, gerarchica e androcratica, definita da Gimbutas “cultura Kurgan”, arrivò solo in un determinato momento storico, attraverso i popoli proto-indoeuropei delle steppe che invasero a più ondate tutta l’Europa e il Mediterraneo tra il 4300 P.E.C. e il 2800 P.E.C. (3). Questa teoria che creò molti problemi all’interno del mondo accademico archeologico, fu confutata in tutti i modi fino a pochi anni fa, quando uno dei maggiori esponenti dell’archeologia mondiale e accanito antagonista di Marija, Colin Renfrew, ammise pubblicamente che la teoria Kurgan aveva ormai solide basi.
Cosa significa tutto ciò? Che non siamo esseri condannati a vivere in un mondo di violenza e di prevaricazione perché questo fa parte di una innata “natura umana”. Si tratta di un mito che ci è stato narrato per millenni e che ora ha bisogno di tutta la nostra tenacia e volontà affinché venga lasciato alle spalle e si chiuda un capitolo doloroso della storia del mondo.
Attraverso l’opera di Marija Gimbutas siamo stat* chiamati/e a comprendere come funzionava una vera civiltà, una cultura che produceva un’alta qualità della vita e di felicità per tutti gli esseri, quali fossero le mitologie che guidavano quella società in cui non c’era predominio sulle donne e sulla natura e che ancora oggi sono stratificate nei miti e nelle storie che la cultura kurgan, patriarcale e violenta, ci ha tramandato capovolgendone i valori, ma non è riuscita del tutto a cancellare. E nei simboli violati, nei manufatti, nelle danze e nei canti, in quello che rimane delle feste popolari, tra le righe degli antichi poemi, quel tesoro nascosto ha iniziato ad emergere e sta portando un’ondata di nuova conoscenza, non più orientata allo sviluppo intellettuale dell’ego, ma ad una coscienza allargata capace di illuminare il cammino nostro e di chi verrà.
Ho conosciuto così tante persone in questi anni che hanno integrato la loro visione del mondo con il lavoro di Marija Gimbutas, specialmente qui in Italia. Chiaramente studiose e studiosi di archeologia, di storia o di lingue antiche, che possiedono conoscenze vastissime e approfondite, anche se spesso fuori dai canali ufficiali del sapere, ma anche persone che lavorano nell’ambito dell’arte visiva, della musica e della danza, del teatro e del cinema, della psicoterapia e dell’educazione, dell’ecologia e dei diritti umani. A dispetto di quello che si pensa, non si tratta solo di donne ma anche di molti uomini, i quali stanno dedicando la loro intera vita alla riscoperta della dea nei nostri territori italiani o addirittura che custodiscono e si prendono cura dei suoi antichi luoghi sacri. Ogni anno che passa mi rendo conto che l’eredità di Marija Gimbutas è sempre più forte nella nostra Terra e credo che lo sia perché qui, le radici delle Antiche Madri sono ancora molto vive e forti.
A lei ho dedicato l’associazione Laima e un intero convegno internazionale, al fianco di Luciana Percovich, Daniela Degan e Sarah Perini. Ho svolto molti progetti nelle scuole, una lezione all’Università di Torino, alcune performance in cui dipingevo sul corpo delle donne i simboli dell’Antica Europa, simboli che continuo ad utilizzare nella mia arte, ma l’eredità più grande di Marija Gimbutas resta per me quella umana.
Ho iniziato a scrivere questo articolo il giorno in cui con le donne della Cerchia delle Lune di Torino abbiamo celebrato l’imminente parto di una di noi, una cerimonia delicata e amorevole in cui dalla più anziana alla più giovane abbiamo mandato le nostre benedizioni alla mamma e al suo bambino e sono tornata a casa con la consapevolezza che nessuna donna del gruppo aveva mai potuto vivere un evento di questo genere prima di diventare madre. Credo che quel giorno abbiamo donato a ognuna di noi, a questa mamma e al suo piccolo, qualcosa di profondo e potente, ma nulla di tutto ciò poteva essere fatto senza il lavoro di Marija, senza le sue incredibili intuizioni, senza la forza e la centratura con cui ha continuato il suo lavoro, nonostante i numerosi e potenti dissuasori.
Marija Gimbutas è stata una donna immensa, ha spalancato le porte affinché lo spirito del Femminile potesse di nuovo abitare il mondo, nutrire sogni collettivi e rieducarci ad agire in armonia con il cosmo. Piano piano, dopo cento anni gli effetti di questa rivoluzione si stanno solo intravedendo, ma come ci insegna la Vecchia dell’Inverno che custodisce con pazienza i semi nel suo ventre scuro, il buio che vediamo attualmente nel mondo è solo apparente immobilità.
(1) Citazione dal documentario “Voice of the Goddess: Marija Gimbutas”, libero su Youtube
(2) Rimando al mio libro “Donne Sciamane”, Venexia 2012, per un approfondimento della visione oscurata della preistoria.
(3) “Il Linguaggio della Dea”, Venexia 2008
Il linguaggio della Dea: la mia esperienza di conoscenza con Marija Gimbutas.
di Daniela Degan
A 100 ANNI DALLA NASCITA DI MARIJA GIMBUTAS CELEBRIAMO CON ARTICOLI ED EVENTI UNA DONNA STRAORDINARIA.
Il Linguaggio della Dea (1989), pietra miliare dell’archeomitologia, ha rivoluzionato le prospettive sulle origini della nostra cultura. Marija Gimbutas è riuscita a ricostruire la civiltà arcaica dell’Europa Antica e a riportare alla luce la presenza centrale del femminile nella storia. I suoi studi spaziano dal neolitico all’età del bronzo.
A sostegno delle sue tesi, esamina i reperti, in parte già noti e in parte da lei stessa dissepolti durante i suoi scavi nel bacino del Danubio e nel nord della Grecia, che comprendono un vastissimo repertorio di oltre 2000 manufatti, tutti riprodotti nel volume, mostrando i nessi dimenticati tra il mondo materiale e quello dei miti di una cultura raffinata: la civiltà dell’Antica Europa.
Sapevo che esisteva questo libro dalla lettura del “il Calice e la Spada“, che mi aveva suggerito di leggere Roberto Tecchio nel 2007, il mio formatore alla gestione nonviolenta dei conflitti e alla metodologia partecipativa volta al consenso. La vecchia edizione era introvabile, non sapevo dove sbattere la testa … ma lo volevo ad ogni costo! Sentivo che avrei trovato dei pezzi di storia che mi mancavano, una chiave di volta del tempo delle nostre antenate (nel 2008 ancora non avrei potuto dire nulla del concetto di Antenate e di Lignaggio Femminile).
Ma con il tempo avrei trovato le tracce della nostra storia!
Poi scopro che la casa editrice Venexia lo stava pubblicando, chiedeva a tutte le donne, interessate alla ri-pubblicazione, di autofinanziare la spesa comprando in anticipo il libro, un po’ come abbiamo fatto per le felpe di Fair … e allora perché no!
In fondo il co – finaziamento è una formula interessante ed in linea con i principi dell’economia solidale. Un libro costoso (euro 36,00) ma ci sono tanti, tantissimi disegni … tutte le statuine che Marija Gimbutas aveva toccato, analizzato, studiato.
Un capolavoro!
Faccio il bonifico …. E aspetto …. L’attesa è bella!
Poi ricevo il libro …. Lo divoro … mi incazzo, trovo le prove concrete di quello che eravamo ….. come scrivo in una poesia:
“Ti hanno mentito, ma tutti lo fanno perché la verità è un prisma, si mente sempre, soprattutto alle Ninfe … per possederle!”
Poi ricevo un invito: presentano il libro a Via dei Sediari, alla libreria “Aseq”. Nel frattempo io avevo anche visto la mostra, almeno tre volte, dei Cucuteni- Trypilia, una delle civiltà analizzate nel libro da Marija: avevo un catalogo strepitoso!
Le avevo viste sul serio le statuine, i vasi, i templi in miniatura che sono così ben descritti da Gimbutas nel libro …. Era tutto molto emozionante!
E lì in una sera piovosa di ottobre 2008 si presentava il libro.
C’era Luciana Percovich, c’era Chiara Orlandini, la editora e proprietaria della Casa Editrice Venexia …. E io stavo in prima fila con un completino verde di velluto, sembravo uscita dalle fiabe del bosco!
Avevo portato la presentazione della Città dell’Altra Economia per Chiara. E poi c’era Luciana!
A Luciana avevo portato la presentazione della CAE, i nostri tempi d’oro, il catalogo dei Cucuteni, una lettera (1) che avevo scritto alle mie amiche e amici, con il mio biglietto da visita.
Insomma ero preparata …. A questo incontro con Marija Gimbutas e con Luciana Percovich.
Da quel giorno siamo diventate amiche.
Luciana poi mi ha detto … dopo molto tempo: “Daniela … quella sera io sono venuta per incontrare te!”.
E’ cambiato tutto per me, guardo con lenti diverse la visione del mondo e del nostro passato, perché come sostiene Marija Gimbutas nel suo Linguaggio della Dea:
“I materiali archeologici non sono muti. Si esprimono in un loro proprio linguaggio. Ed è necessario usarli perché costituiscono una fonte importante nell’aiutare a svelare la spiritualità di quei nostri antenati e di quelle nostre antenate che precedettero le popolazioni indoeuropee di molte migliaia di anni.
Ho concentrato la mia attenzione sul periodo che inizia con la prima forma d’agricoltura in Europa, fra i 9000 e gli 8000 anni fa. Gli agricoltori neolitici svilupparono i loro modelli culturali nel corso di vari millenni. La raccolta del cibo lasciò il posto alla sua produzione e la caccia a un sistema sedentario di vita, ma senza che ci fosse un correlato cambiamento significativo nella struttura del simbolismo, bensì solo un graduale assorbimento di nuove forme e un’elaborazione o trasformazione delle vecchie.
In effetti, ciò che stupisce non è la metamorfosi dei simboli nei millenni, ma piuttosto la loro continuità a partire dal Paleolitico. Gli aspetti pregnanti della Dea del Neolitico (datrice-di-nascita, ritratta nella naturalistica posizione del partorire; datrice-di- fertilità che influenza la crescita e la moltiplicazione, ritratta incinta e nuda; datrice-di-vita o datrice-di nutrimento e protettrice, rappresentata come donna-uccello con seni e natiche sporgenti; e reggitrice-di-morte ritratta come nudo rigido, “osso”) possono essere fatti risalire al periodo in cui apparvero le prime sculture in osso, in avorio o in pietra-intorno al 25.000 a.C. – e i loro simboli (vulve, triangoli, seni, chevron, zig-zag, meandri, coppelle) fino a un epoca ancora più remota.”(2)
Con il suo libro tra le mie mani, camminando tra i vasi e le statuine della Cutura Cucuteni, mi sentivo che cominciavo ad entrare nel linguaggio delle sonore argille: aiutata dalla visione di Marija Gimbutas, tutto appariva chiaro, decifrabile.
Secondo l’antropologo Ashley Montagu, infatti, “Marija Gimbutas ci ha regalato una vera e propria stele di Rosetta di altissimo valore euristico”. Il linguista Harald Haarmann, che poi abbiamo conosciuto al Convegno a Roma, afferma, seguitando: “La scoperta (di Gimbutas) di uno strato più profondo della storia europea … può essere considerata la struttura di un nuovo paradigma nella ricerca sull’antichità”.
Il lavoro meticoloso, in alcuni casi ripetitivo, della madre dell’Archeomitologia, il suo studio multidisciplinare e le sue teorie, spesso derisi dai suoi colleghi, ora confermate a distanza di molti anni , mi ha permesso di trovare le profonde radici e le origini del nostro antico passato.
(1) “SPIRALEGGIANDO” SCOPRO UNO STATO DI GRAZIA …. Nella POESIA …. Da dove comincio … dalle parole di Saffo …. “Puoi anche dimenticare ma lascia che ti dica questo: qualcuno in futuro ripenserà a noi”. ….. o magari dalla tesi di Robert Graves proposta nel suo meraviglioso libro “La Dea Bianca” …. dove esplora l’ipotesi che la Poesia è una lingua magica in stretta relazione con cerimonie religiose in onore della dea-Luna ovvero della Musa ……. ….. no parto da me, da quello che provo …. Quando all’improvviso mi sale l’idea di alcune parole, come note di un canto antico … sento che non sono io a scriverle … da dentro … emerge una spinta che mi pervade, come una febbre .. che mi dice “scrivi” … uno stato di grazia, naturale .. mi appare … ed è grande energia …. la Poesia: non ci si può preparare … “la natura della poesia è troppo misteriosa per ammettere un’analisi”
la Poesia resiste all’analisi scientifica, forse perché le sue radici sono Magia … io mi sento spinta da qualcosa di forte … nella creazione ….ma ancora ho come paura … è incredibile, come se da un momento all’altro dovessi spiccare un volo …. ma sapendo che corro il rischio di cadere e crollare nel precipizio della fantasia … allora mi freno …. so che è un errore, ma non so se ho tutto questo coraggio per lasciare che tutto avvenga ….. sento che da dentro di me sta salendo qualcosa di potente …. che non è potere …. non riesco a trovare le parole … è una specie di forza liquida … che mi pervade …. oppure una febbre che ancora non sono capace a controllare …. in realtà mi domando se è corretto voler controllare qualcosa di così irrazionalmente incontrollabile ….. il mio problema è questo …. immagino, ma la fantasia e l’irrazionale non è malleabile…trascina lontano ….. ti porta in mondi non comuni. Vivo altri legami, altre relazioni così potenti e che ti emozionano … ti sale dalla pancia come un nuovo sentire …. come molti sono i rapporti che ho finalmente ora …. veri, forti, incisivi e di massima empatia … allora l’ascolto diventa semplice …. come se questo fosse il mondo possibile che stiamo cercando … ma accidenti quanta energia ci vuole …. bisogna essere concentrati …. disponibili …. e attenti alle sfumature … “la Grazia naturale è la qualità dell’anima di chi sta uscendo dallo stato innaturale di prigionia e contaminazione. E’ spesso sperimentato come un dono che può prendere la forma di un lampo d’intuizione o di un raffinato senso della bellezza – come di un tramonto o di un prato luccicante o dei rami di un albero agitati dal vento. Si può trovare nell’intimità del fare l’amore, nella composizione di una musica, nello scambio d’energia in una conversazione con una amica” (Mary Daly).
(2) Il linguaggio della Dea, pag. xix