Quando nel 2016 Autrici di civiltà si affacciava per la prima volta in rete, nasceva come desiderio di alcune donne, provenienti da percorsi di ricerca molto differenti fra loro, di creare un luogo virtuale che permettesse di misurarsi e ridefinire il concetto di civiltà.
Un’immagine a rappresentarci: un grande albero le cui radici si perdono nella notte dei tempi e con rami infiniti a indicare quante sono le strade delle donne in ricerca.
Oggi, con lo stesso desiderio, apriamo una sezione con Brunella Campea per affrontare e se possibile, rispondere ad una domanda attraverso le esperienze personali di ognuna: si può misurare oggi il patriarcato?
In altezza crediamo di sì, dal momento che si è rivelato smisurato e va ben oltre i tetti di cristallo che le donne ascese al potere gerarchico dicono di aver abbattuto perché sopra quei tetti è apparso un intero cielo a ricalcare esattamente ciò che nelle diverse società si continua a manifestare nell’organizzazione politica, religiosa ed economica; la stessa realtà di una cultura che ancora oggi è estremamente radicata nella nostra società: la legge del padre.
Illuse o ben coscienti che aderendo al modello patriarcale, queste donne credono di contribuire a scardinare il dominio e il predominio degli uomini sulle donne, sulle generazioni più anziane, su quelle più giovani e su quello socioeconomico, instillano a tante altre l’illusione che finalmente qualcosa stia cambiando; purtroppo la loro presenza a palazzo permette da una parte di rafforzare la barriera che protegge lo status quo, dall’altra allontana l’orizzonte di un possibile altro futuro: siamo fatti così, violenti, competitivi, e dediti alla guerra.
Le modalità di espressione sono cambiate in linea con i tempi, più sottili e sofisticate le barriere, resi invisibili i meccanismi ma non solo, grazie alla possibilità di queste rappresentanti femminili cresciute e plasmate arrivate ai vertici, assistiamo all’acuirsi di una specie di “sindrome di Stoccolma” in alcune donne che discriminano le altre, a volte quasi inconsapevolmente quando vedono minacciati quelli che sentono principi necessari, imprescindibili e assoluti, un chiaro segno di quanto la cultura patriarcale sia radicata nella nostra società.
Scrive brunella Campea nell’articolo Tessitrici pubblicato su Autrici: “A 40 anni dalla morte di Carla Lonzi siamo ancora così lontane, divise nell’interpretare, nel riconoscere e nell’agire.
Arretrate e confuse, eternamente sulla soglia di due mondi e spesso sedotte dalle sirene del patriarcato, che tagliano traguardi inaspettati, riuscendo a portarci quello stupore silenzioso e ferito, che qualcuna cerca di ribaltare a forza.”
E dunque siamo di nuovo qui, a proporre a tutte le donne di misurarsi con la propria esperienza, utilizzando le parole di ognuna per dirlo e iniziamo con un testo di Brunella Campea che ha dato il titolo a tutta la sezione:
Brunella Campea, Le nostre parole per dirlo
Alessandra de Nardis
Per chi volesse scrivere le sue parole:
autricidicivilta@gmail.com