La nascita del femminismo medievale. Maria di Francia e la rivolta dell’amore cortese – Chiara Mercuri

Chiara Mercuri
La nascita del femminismo medievale. Maria di Francia e la rivolta dell’amore cortese
Torino, Einaudi, 2024, pp. 201, € 22,00

Tutte e tutti abbiamo studiato a scuola l’amore cortese come un fenomeno culturale di amore platonico di uomini per donne angelicate e irraggiungibili, ma questo libro ci racconta una storia completamente diversa: l’amore cortese fu una rivoluzione innescata da una donna, Maria di Francia, nota come una delle poetesse più celebri del Medioevo. Si trattò, purtroppo, di una rivoluzione in parte fallita.

Ma vediamo come il libro ci porta a queste sorprendenti conclusioni.

Maria, figlia del re di Francia Luigi VII e di Eleonora d’Aquitania e moglie del conte Enrico di Champagne, visse nel XII secolo e nel primo capitolo, Diventare Maria di Francia, l’autrice argomenta che le sue vicende familiari ebbero un ruolo determinante nella formazione delle sue idee eterodosse, anzi rivoluzionarie, sui rapporti tra i sessi, l’amore e il matrimonio. Quando aveva sette anni, il matrimonio dei suoi genitori fu annullato, ufficialmente per consanguineità, in realtà perché la madre non si comportava da sposa sottomessa, ma esprimeva le sue opinioni in politica e presiedeva un circolo di intellettuali. La fine del matrimonio la espose alla diffamazione e a molestie da parte di numerosi pretendenti, e per sfuggirvi non ebbe altra scelta che risposarsi. Scelse un uomo più giovane, Enrico, duca di Normandia, che poi divenne re d’Inghilterra, ma con gli anni anche questo matrimonio degenerò: Enrico si trasformò in un tiranno, non solo con lei ma con tutti i sudditi. Eleonora cercò di salvarsi fuggendo in Francia e si mise alla testa di una rivolta contro il marito, che però riuscì a farla rapire e la tenne prigioniera per quindici anni. Maria, che allora aveva ventinove anni, contattò proprio allora Andrea Cappellano e Chrétien de Troyes, a cui commissionò opere che esprimevano le sue idee, come vedremo. Inoltre creò insieme ad altre donne un “tribunale” “chiamato a esprimersi su questioni urticanti concernenti il matrimonio, il sesso e l’amore. …una sorte di ‘suprema corte d’appello’, cui rivolgersi in caso di controversia con il sesso femminile … che si esprime su tutte quelle questioni che le riguardano e sulle quali, fino ad allora, il Medioevo non ha mai chiesto il loro parere. …che si regge … sull’autorevolezza da tutti e tutte riconosciuta a Maria”.

Il secondo capitolo del libro, L’amore feudale, fa un passo indietro per ricostruire la condizione delle donne presso le popolazioni germaniche che fecero crollare il decadente impero romano: per sintetizzare al massimo, una condizione tragica, di sottomissione totale ai maschi dei clan.

Sono interessanti le considerazioni dell’autrice sulla sopravvivenza nella mentalità attuale delle leggi del Medioevo germanico: “l’idea che il ‘meticciato’ sessuale – etnico o religioso – debba essere scoraggiato; che il potere di un uomo si misuri attraverso il numero di donne che può tenere nella propria disponibilità sessuale; che sia legittimo vendicarsi di chi rompe un patto di fidanzamento o di matrimonio; che la comunità sia autorizzata a esercitare una forma di controllo o di giudizio sulla condotta sessuale degli altri membri; che la piena emancipazione delle figlie e dei figli coincida con un tradimento della famiglia”.

Nei capitoli successivi vengono analizzate le idee di Maria sull’amore, così come vengono espresse nelle sue poesie, i Lais (letteralmente, “lamenti” e per estensione “canzoni”) e nelle opere di Andrea Cappellano e Chrétien de Troyes. Nei Lais, che Maria afferma di aver tratto da leggende bretoni, ma in realtà si ispiravano probabilmente a fatti di cronaca, si raccontano le tragedie delle donne dell’epoca, schiave del terrore dello stupro, dentro e fuori dal matrimonio, e delle sue conseguenze, fortemente limitate nel diritto di sottrarsi a tutto questo entrando in convento e private del diritto di scegliere chi sposare, ma anche desiderose di diventare a loro volta carceriere dei mariti o di ucciderli per unirsi all’amante. Maria disapprova questi comportamenti: l’amore non deve pretendere né diventare un diritto acquisito, ma deve rinnovarsi continuamente, elevare chi lo prova e cercare soltanto la felicità della persona amata. Perciò è incompatibile con la gelosia e soprattutto con il matrimonio, che trasforma in obbligo la spontaneità. Nei Lais l’amore perfetto appare nel Lai d’Eliduc, in cui la moglie del protagonista, di fronte al suo amore per un’altra donna, tale da continuare anche quando la crede morta, entra in convento per lasciarlo libero.

Nel manuale di Andrea Cappellano sull’amore (De Amore) queste idee vengono esposte in forma sistematica. L’amore non è inteso come libero, ma come gratuito, quindi “disinteressato, senza attesa di contraccambio o di ricompensa”. “La differenza tra gratuità e libertà è che la libertà tutela chi ama, mentre la gratuità è garanzia di libertà per chi è amato”. Amare per amare, senza pretendere niente per sé, nascondendo il dolore di non essere ricambiati o la paura di perdere la persona amata, richiede una disciplina che porti a “sbrutarsi” e quindi a diventare capace non solo di amare, ma di essere riamati (“amor ch’a nullo amato amar perdona”), ma è difficilissimo. La buona notizia è che la nobiltà che rende capaci di amare in questo modo non conosce distinzioni di classe sociale, e questa, osserva l’autrice, fu l’idea che conobbe più popolarità, diffondendosi oltre i confini della Francia per arrivare, in Italia, a Guinizzelli, Dante e Boccaccio. Andrea accomuna le donne e i preti nella rivendicazione del diritto di amare senza le barriere imposte dalla società. È da sottolineare che sia Maria che Andrea, quando parlano di amore, non lo intendono come platonico e vogliono liberare la sessualità dallo stigma del peccato. Sono cristiani e vogliono conciliare l’amore terreno e i valori della religione. Per salvarsi dalle accuse di eresia che incombevano su di lui come prete, Andrea enunciò le idee più sovversive attribuendole alla Contessa di Champagne, cioè a Maria, e aggiunse al trattato una terza parte in cui affermava il contrario di quel che aveva detto in precedenza.

Infine, Il cavaliere della carretta o Lancillotto di Chrétien de Troyes è un romanzo in cui Ginevra viene portata via per essere messa in palio in un torneo: una forma di stupro legale da cui nemmeno una regina come lei poteva difendersi. Lancillotto, segretamente innamorato di lei da tempo, la salva e Ginevra se ne innamora. I due consumano il loro adulterio, che però non viene scoperto né punito, il che era rivoluzionario per l’epoca.

L’altro aspetto rivoluzionario del romanzo è che Lancillotto è presentato come il cavaliere ideale perché salva le donne senza chiedere loro niente in cambio, e l’opera è un appello agli uomini a seguire il suo esempio, unico modo per tutelare le donne, che non avevano modo di difendersi da sole. L’autrice sottolinea come lo stesso Chrétien fosse a disagio con il tema che trattava, sia perché nel prologo nomina esplicitamente la sua committente, come per prendere le distanze da ciò che scrive (cosa che non accade nei suoi altri romanzi), sia perché gli ultimi cento versi furono scritti da un altro autore, Godefroi de Leigni.

L’ultimo capitolo è dedicato alla ricostruzione della nascita della lettura idealizzata del Medioevo e dell’amor cortese da parte dei romantici, causata dallo smarrimento di fronte alla nascita della civiltà industriale e di una prima forma di globalizzazione, e al filologo francese Joseph Bédier, il primo a diffidare di quest’interpretazione e a identificarne gli errori di metodo.

La rivolta di Maria ebbe comunque successo, nel senso che gli ideali della courtesie si diffusero dalle contee più avanzate della Francia a tutto il Paese e poi a gran parte dell’Europa. Tuttavia si è persa la memoria del fatto che tutto è partito da una donna, e che quella donna era Maria di Francia.

Irene Starace