La Dea e il suo Eroe. Le religioni matriarcali nei miti, nelle fiabe, in poesia – Teresa Apicella

La dea e il suo eroe

La Dea e il suo Eroe. Le religioni matriarcali nei miti, nelle fiabe, in poesia.
Venexia-Le Civette/I Saggi
Aprile 2025

Un unico schema soggiace ai principali racconti mitologici di un’area geografica che dall’Europa e il Mediterraneo giunge fino all’India: è quello della Dea e dell’Eroe, descritto e analizzato in un illuminante libro di Heide Göttner-Abendroth, la studiosa fondatrice degli Studi matriarcali moderni, pubblicato per la prima volta nel 1980, poi ampliato man mano, fino alla presente edizione del 2011. L’opera è finalmente disponibile nell’accurata traduzione italiana, di Gabriella Galzio e Christina Jenkner, per la collana Le Civette I Saggi di Venexia, curata da Luciana Percovich.

Quello della Dea e dell’Eroe è uno schema mitico e rituale legato alla società matriarcale, il cui significato originario è stato brutalmente distorto a partire dall’avvento delle culture patriarcali. Scopo del libro è riportare alla luce le narrazioni nella loro forma originale, e i riti ad esse collegati, che sottostanno a una grande quantità di coppie mitologiche.

Rea e Zeus, Era ed Eracle, Hathor e Horus, Iside e Osiride, Inanna e Dumuzi, Anahita e Mithra, Sarasvati e Brahma, molti sono i nomi noti di divinità femminili e dei loro consorti, che si susseguono nell’indice dell’opera. Molte di queste divinità, e le relative narrazioni mitologiche, hanno influenzato per lungo tempo la storia sociale, culturale e religiosa dei popoli, spesso, purtroppo, nella loro distorsione patriarcale.

Una per una, l’autrice libera le loro storie delle incrostazioni patriarcali, che le hanno spesso rese incongrue, offuscate da stratificazioni di fraintendimenti, privandole del tutto del loro impatto spirituale e sociale. Sfrutta il contributo di diverse scienze quali l’archeomitologia, la linguistica e l’antropologia, unite alla sua conoscenza delle società matriarcali viventi, per restituire le narrazioni mitiche al loro significato mistico e rituale, riconnettendole alla realtà politica e spirituale delle società in cui queste sono state elaborate.

Heide Göttner-Abendroth, infatti, si distanzia espressamente da una certa visione “romanticizzante”, che tende ad astrarre il Mito dal Rito, dalla visione del cosmo e, soprattutto, dalla realtà matriarcale da cui questo scaturisce e alla quale necessariamente si associa: il contesto è quello di una società ugualitaria fondata sul sacro femminile, e un’analisi scientificamente rigorosa non può prescindere da questo.

È soprattutto dal collegamento delle narrazioni mitiche con un sistema sociale che si colloca in totale antitesi con quello patriarcale, infatti, che deriva il valore trasformativo dell’opera.

La Dea-Natura e l’Eroe-uomo
In estrema sintesi, i due elementi dello schema, la Dea e l’Eroe, rappresentano rispettivamente l’eternità del cosmo e il ciclo perpetuo di morte e rinascita, il divino e l’umano che si uniscono in matrimonio mistico.

Il matrimonio di Lakshmi e Vishnu, Frigga e Baldur, e poi anche di Eva e Adamo, le nozze sacre della Dea e del suo eroe in occasione dell’Equinozio di Primavera, rinnovavano ogni anno il rapporto tra la comunità umana e il divino, la Natura, la Dea Madre, facendo sì che l’umano si riconnettesse ogni volta all’armonia eterna del cosmo, dei suoi cicli, del suo imperscrutabile mistero.

La distorsione patriarcale: il Padre degli Dei e l’Unico dio
La vastissima area geografica che va dall’Europa all’India fu teatro di un’epoca di grande sviluppo della civiltà matriarcale, che giunse a manifestarsi anche in forme urbane molto avanzate. Proprio quest’area, però, cadde preda di uno dei più violenti processi di patriarcalizzazione, avvenuto per mezzo di una serie di sanguinose guerre di conquista, che si estesero per secoli, a partire dall’Età del Bronzo.

Attraverso un lungo e violento processo di colonizzazione, seguito dalla creazione di élite patriarcali, ebbe inizio la pratica, tristemente nota ancora oggi, di asservire il Mito (e il Rito) alla legittimazione di un ordine sociale gerarchico, alla celebrazione degli usi e costumi della classe dominante.

Heide Göttner-Abendroth individua due processi fondamentali attraverso cui l’élite patriarcale si appropria del Mito: i principi dell’assimilazione e della deformazione.

Per assimilazione si intende l’adozione di modelli simbolici femminili da parte maschile: si veda ad esempio l’ascia bipenne di Era che viene usurpata da Zeus. Per deformazione si intende il cambiamento in funzione patriarcale dei modelli simbolici assimilati.

Il dio padre prende in sposa con la violenza la Dea arcaica, fa di sé stesso il “padre degli dèi e degli uomini”, si proclama loro padrone assoluto, difende con la violenza qualunque ribellione alla propria autorità, e, infine, non tollera l’esistenza di “altro dio all’infuori di sé”.

Resistenze matriarcali nelle fiabe e nei racconti cavallereschi
La dissoluzione della cultura e della società matriarcale non fu tuttavia, come talvolta si sente dire, immediata e inesorabile. La resistenza fu lunga e durevole, tanto che le sue tracce sono giunte fino ai giorni nostri. Se ne trovano testimonianze storiche in alcune zone isolate, dove gli antichi riti ebbero modo di sopravvivere più a lungo; nei grandi culti misterici, come quelli della Magna Mater Cibele a Roma, e i Misteri Eleusini ad Atene.

E infine, gli schemi matriarcali si ritrovano nelle trame dei racconti orali che, messe per iscritto in alcuni particolari momenti storici, sono giunte fino a noi: è questo il caso delle fiabe e dell’epica cavalleresca medievale.

Nelle fiabe, infatti, i popoli legati alle tradizioni matriarcali hanno celato, in tempi in cui questi erano banditi, i miti arcaici e i loro riti, per sfuggire al potere schiacciante e alle minacce della chiesa.
Dietro figure prototipiche di Madri, Principesse, Principi, si nascondono la Dea Madre, sua figlia o la sua sacerdotessa, l’Eroe arcaico. Dietro le prove della Principessa e del Principe, si adombrano rispettivamente un’iniziazione femminile e un’iniziazione maschile.

Lo stesso lavoro viene svolto dall’autrice sull’epica cavalleresca, analizzando le strutture fondative dei più importanti romanzi delle più note saghe.
Qui ritroviamo le storie dei famosi protagonisti del Ciclo arturiano, Ivano, Perceval, Lancillotto, le cui peripezie vengono restituite allo schema originario dell’iniziazione dell’Eroe.

E finalmente il Graal, simbolo del ventre sacro da cui tutto si origina e a cui tutto ritorna, torna a illuminarsi del suo significato originario, che era stato offuscato da spessi strati di mistificazione religiosa.

Per tessere di nuovo una tela dimenticata…
Sembra quasi impossibile immaginare un’Europa e un Mediterraneo come quelli che gli antichi Miti riportano alla nostra memoria.
Proprio quest’area geografica, infatti, si trova da secoli a rappresentare il più grande e pericoloso centro di irradiazione della cultura patriarcale, per mezzo del colonialismo prima, e del capitalismo globalista poi: è il luogo di origine di uno spietato sistema proteiforme, che ha la capacità di manifestarsi in modi sempre diversi, pur mantenendo intatto il proprio nucleo fondamentale.

Oggi ci troviamo senza dubbio in un momento in cui il sistema patriarcale, in preda a una follia terminale, divora sé stesso minacciando la sopravvivenza stessa della nostra specie. Non era mai avvenuto che l’umanità si trovasse, così come ora, sull’orlo del proprio stesso annientamento, tanto che capita spesso di domandarsi se la nostra specie riuscirà a sopravvivere a questa lunga crisi.

In un tempo simile, un libro come questo è essenziale.

Se c’è per l’umanità una speranza, sarà nell’alba che sorgerà anche grazie a chi, proprio nel luogo dove tutto è stato capovolto, avrà il coraggio di riprendere i canti, le antiche storie raccontate attorno al focolare, liberandoli dalle scorie della mistificazione.
Solo così potremo ridare vita ai Miti, e ricucire la tela che ci connette alle antenate e agli antenati, e insieme ad esse/i, ritornare nell’abbraccio della Madre.

Teresa Apicella