La danza delle ombre di Alice Munro – Brunella Campea

Andrea Robin Skinner, figlia della scrittrice canadese Alice Munro, premio Nobel per la letteratura nel 2013

Chi si ricorda del motto “Il personale è politico”?

Si tratta del famoso slogan femminista coniato da Carol Hanisch negli anni sessanta.

Mi è tornato in mente recentemente, leggendo le tante discussioni nate intorno alla figura della scrittrice canadese Alice Munro, premio Nobel 2013 per la Letteratura e scomparsa nel maggio scorso, dopo le recenti dichiarazioni della figlia Andrea Skinner relative agli abusi da lei subiti in tenera età, a 9 anni, negli anni ’70 (e proseguiti per ben cinque anni), dal patrigno, il secondo marito della scrittrice.

Dichiarazioni a quanto pare affatto accolte e comprese nella loro gravità dalla grande scrittrice, che non prese le difese di sua figlia, non lasciò il marito, ma piuttosto riuscì a tessere insieme al resto della famiglia una fitta rete di silenzio attorno a questa storia.

“Lo amo troppo” disse la Munro… “e non posso vivere senza di lui”. Poi ha anche aggiunto: “E’ colpa della cultura misogina se ci si aspetta da me che io rinunci ai miei bisogni per soddisfare quelli dei miei figli e per risolvere le miserie di un uomo. Questa storia non ha a che fare con me.”

Rimando a fine articolo alcuni link di approfondimento su questa rivelazione aberrante che, anche a distanza di anni (per noi, perché in Canada la storia era invece già nota, solo tenuta volontariamente a margine e silenziata), getta lunghe ombre su una figura letteraria oggettivamente di spicco.

Forse dovremmo interrogarci sulle ombre nascoste della/dalla letteratura che leggiamo e che attraversiamo, così come sulla complessità e la grande responsabilità di chi scrive e di come riempie con la propria arte, ma prima ancora ed inevitabilmente con la propria vita, quel foglio bianco davanti a sé.

E forse non dovremmo idealizzare il talento. Ma non è facile.

Invece ci ritroviamo a dover scegliere tra l’artista e la donna, che in questo caso suona un po’ come tra geniale e realistica finzione, seppure con una carsica funzione autobiografica, e umana realtà.

Ma so che per alcuni risulterò blasfema.

In effetti mi interrogo sui quattro punti cardinali entro i quali si colloca questa storia, e cioè quello della pedofilia, tra i reati più agghiaccianti al mondo; quello del materno, tematica immensa e con la quale l’autrice si è pure in qualche modo confrontata in maniera cruciale nel suo lavoro; quello del femminismo, perché anche se la Munro non si è mai definita femminista sicuramente il femminismo lo ha suo malgrado intercettato, attraversato e pertanto agito, servendosene; ed infine quello del potere, perché di fronte ad una grande ed affermata scrittrice e premio Nobel scatta una silenziosa e, nel nostro caso, omertosa reverenza. Non si sfugge al silenzio.

Eppure nella sua scrittura c’è sempre stata ambiguità tra pubblico e privato, detto e non detto a caratterizzare i suoi lavori, ed anche questo le valse negli anni l’appartenenza al cosiddetto “Rinascimento canadese”, connotato da tanti nomi femminili illustri, uno fra tutti la sua amica Margareth Atwood, proprio colei che saputo delle recenti rivelazioni ha dichiarato “Mi sono resa conto di non sapere nulla di chi pensavo di conoscere.”

Probabilmente proprio perché nelle sue tematiche tutto è contemplato, amore e morte, rispettabilità e trasgressione, violenza e lato oscuro dell’essere umano, tanto che Nadia Fusini arriva a parlare di sadismo e masochismo come una chiave estetica della sua opera, il tema del passato come un’ombra pronta a risucchiarci è ricorrente dall’inizio alla fine dell’attività della Munro.

Eppure in un’intervista concessa ad Harry Boyle per la CBC nell’agosto del 1974, la scrittrice ha dichiarato, a proposito del suo approccio alla scrittura: “Il nodo cruciale della scrittura è avvicinarsi il più possibile alle persone, celebrarne il mistero (…), non dissezionandole, ma accostandosi ad esse, celebrare gli individui (…). C’è un certo grado di amore nello sforzo di avvicinarsi alla verità.”

Parole che ora risuonano come un ossimoro messe di fronte proprio a quella grande e tragica verità negata e inascoltata della vita di sua figlia. Frutto del più elementare meccanismo di negazione e rimozione. Ma a che prezzo?

Il cerchio si apre e si chiude sullo snodo della scelta, tragica e per tanti irrisolvibile.

Da una parte la scrittrice e la sua arte, dall’altra una madre che quasi non riconosce il reato di pedofilia perpetrato sulla sua propria figlia, ma che anzi assolve il colpevole e chiede ulteriori assoluzioni e silenzio. Come se per incanto la vittima possa e debba scomparire dal presente, dal passato e dal futuro.

Non a caso Andrea Skinner si decise a rivelare tutto alla madre dopo che la stessa le aveva parlato di un racconto in cui una ragazza era morta suicida dopo che il patrigno aveva abusato di lei.

Quello di Andrea Skinner era ed è tuttora un vero e proprio grido di dolore, una rivendicazione di verità nella propria esistenza e nella propria storia personale, che resiste e confligge con la narrazione materna, pubblica e privata. Per sempre.

“Quello che volevo era una testimonianza della verità, una prova pubblica che non mi ero meritata quello che mi era successo”, ha scritto Skinner.

“Volevo anche che questa storia, la mia storia, diventasse parte delle storie che la gente racconta su mia madre”, ha aggiunto. (1)

Così alla fine arriva il tempo in cui chi rompe il silenzio riesce a rideterminare il proprio mondo, con nuovi equilibri, tanta amarezza, ma anche tanto coraggio.

“La salvezza, alla fine, è arrivata dai fratelli.
Furono Sheila, Jenny e Andrew ad andare in un centro di assistenza per le famiglie toccate dagli abusi sessuali e dopo molti pianti, furono loro a ricontattare la sorellina.
A un mese dalla morte di Alice Munro, Andrea Skinner ha raccontato la sua verità e il mondo all’improvviso ha scoperto quello che già era pubblico e certificato – ma di cui la stampa non si era mai occupata.” (2)

Bibliografia e fonti:

(1) www.iternazionale

(2) Centrostudiamericani.org

www.illibraio.it

https://www.lipperatura.it

www.libreriadelledonne.it/