La danza della Forza è un libro scritto a quattro mani da Gabriella Cella e Annarosa Buttarelli con i disegni di Jolanda Maggiora Vergano per la casa editrice Moretti &Vitali. Di appena 80 pagine, è molto intenso e ricco di spunti di riflessione, e si inserisce nella collana di ricerca “Pensiero e Pratiche di Trasformazione” che propone un metodo filosofico che aiuti a pensare in maniera differente con l’ausilio e il recupero di antiche pratiche sapienti. Gabriella Cella è una pioniera dello yoga e maestra riconosciuta in Europa. Annarosa Buttarelli è una filosofa italiana del pensiero della differenza sessuale.
Le due autrici provano ad intrecciare le loro conoscenze ed esperienze proponendo pratiche yoga, e meditazioni filosofiche sulla parola, convinte che l’azione combinata di questi aspetti possa incanalare il proprio benessere psicofisico nel vasto territorio della sapienza femminile dell’agire politico. Ci vuole molta forza per rimanere radicati e orientati in questo momento di trasformazione, sottolinea Biancarosa Buttarelli, e per affrontarli si ha la necessità di nutrire la perseveranza e la determinazione nell’azione e nel pensiero. Lo scopo è quello di offrire una sapienza psicofisica concreta “per aiutare la propria fecondità politica”.
Il libro si snoda in capitoli distinti da parole chiave quali “azione” “forza”, “efficacia“, “trasformazione“, “meditazione“. Entrando in un campo quasi inesplorato, nel capitolo la “Forza delle donne“, si prende ad esempio Maria di Nazareth: “Le donne devono farsi ispirare e orientare da Maria di Nazareth, una donna che testimonia sovranamente le qualità della forza femminile”, alla quale Maria Zambrano attribuiva “la prerogativa di far circolare lo Spirito Santo, soprattutto nelle donne”. Ancor prima, nel bacino del Mediterraneo la radice di regalità è trasmessa da una donna, dal seno di Iside che nutre il Faraone dei valori sorgivi della sovranità sapienziale dalla dea.
La yogini Gabriella Cella, da sempre attenta all’aspetto femminile nello yoga, propone tra le altre una pratica che prepara all’azione guerriera per ritrovare la forza dentro se stesse con mudra e asana che riscaldano e rendono flessibile quella che nello Yoga è detta la Magica Spada di Indra, la nostra Colonna Vertebrale. Spesso usa nomi di dee e di dei che non hanno nulla a che vedere con la nostra idea di divinità, ma fungono da principi mediatori con le energie sottili e spirituali, e i loro innumerevoli aspetti ci guidano alla scoperta delle immense potenzialità di ognuno. Vac, principio supremo di creatività, è la dea della parola giusta ed efficace che permette alle vibrazioni sonore di scorrere nel corpo. Lei è l’ispiratrice della Gayatri, sacro mantra degli Hindu, con cui ogni mattina ed ogni sera si omaggia la luce che, ispirando i pensieri, illumina le menti.
Annarosa Buttarelli pone la parola “Efficacia”, accanto ad un altro termine di cui forse non si conoscono tutte le implicazioni, il termine “Efficienza”, usato troppo spesso per smantellare diritti in cambio di produttività a scapito soprattutto delle donne. Si fa guidare etimologicamente dai greci antichi che davano alla parola “l’idea di un dinamismo misterioso”, esplicativo di una potenza desiderante; oppure il latino “efficiere“, fare, generare fatti, ma che contengano in sé il risultato della potenza desiderabile. Quella potenza insita nell’azione che è concentrata nella scienza delle relazioni.
Per l’efficacia lo yoga ci guida all’ascolto del respiro, il primo passo che segna il cammino di questo meraviglioso percorso, nell’antica visione che fa del corpo il riflesso dell’intero universo. I pancha prana vayu sono i cinque soffi del vento, per risvegliare l’efficacia delle energie che governano le diverse parti del corpo, organi visceri e muscoli, fino al purissimo soffio ascendente che guida alla consapevolezza.
Sono andate perdute in Occidente quelle pratiche sapienziali che rientravano nella scienza della trasformazione, scienza strettamente legata alla vita e alla sua cura, a differenza dell’Oriente in cui l’importanza di esse è custodita dal sentire comune. Pratiche intime e preziose quelle proposte da queste due Maestre che si concludono con la parola “Meditazione”. Dalla meditazione sulla parola alla meditazione camminata, dall’osservazione non ossessiva del respiro a cui si ritorna ogni volta che il pensiero ci travolge, alle tante pratiche, sempre che possano metterci in dialogo chiaro e saldo con noi stesse e con la vita.
Ogni capitolo è introdotto da aforismi. Da un aforisma di Ma Gcig, dakini e mistica tibetana del XI sec. considerata dalle popolazioni himalayane la personificazione stessa della Grande Madre, alle tante voci femminili. Con le parole della filosofa belga Luce Irigaray concludo questo consiglio di lettura: “L’oblio del respiro nella nostra tradizione è quasi generale. Questo ha provocato in noi una separazione fra soffio vitale e soffio divino, fra corpo e anima”, poiché meditare è una cura di sé.
Eleonora Paniconi