Il divino concepito da noi
IL MISTERO DELLA CREANTE
Anna e Maria ci hanno introdotte al mistero del divino femminile.
Sappiamo da loro che per divenire divine, cioè semplicemente ciò che siamo né più né meno, è necessario ritrovare la verginità perduta. Ovviamente non è della verginità fisica che ci parla il Mistero, ma dell’integrità ontologica, quella che ci rende Creanti.
Anna ha generato una figlia divina e Maria si è inoltrata nella grandezza femminile fino a sognare di divenire il Messia.
Ma doveva generare un’idea, mostrarla e sentire le grida del sì. Dovevano compiersi un’Immacolata Concezione, un’Annunciazione e un Magnificat che esaltassero l’irruzione nel mondo del pensiero femminile. Era necessario che nel culmine del suo ardore Maria diventasse due.
… ma pensa che per rendere visibile una concezione del divino così profonda, deve incarnarla, deve diventare due…e a noi non può che venire in mente la nascita di Gesù Bambino, perché è l’unica incarnazione del divino che conosciamo. E’ la cultura religiosa che fa ombra e impedisce di accedere alla visione del divino che sta generando Maria. Questo inciampo spiega perché sull’altare del sacro troviamo la Creatura al posto della Creatrice. Si tratta di una vera e propria distorsione di senso e di una cancellazione simbolica e spirituale che condannerà le donne a un divenire solo terreno.
L’Immacolata Concezione.
Il pensiero di una donna che matura un’idea immacolata tocca nel più profondo del cuore e apre l’altra donna alla libertà e all’avventura. La bellezza divina di una Immacolata Concezione femminile restituisce ad ogni donna l’entusiasmo purissimo dell’infanzia.
I sogni di primavera dell’adolescenza, quando la vita pare promettere una strana felicità infinita e il profumo delle cose entra nell’anima, ubriacandola di gioia.
Ma, senza un’idea certa dei luoghi dell’esistente che vanno abitati, quegli annunci di primavera si rinchiudono in sé stessi e spariscono inesorabilmente nel nulla.La carne di Maria, eterna memoria, fu avvertita dalla sua coscienza che capì la verità. La verità divina era il duale, che è accennato dalla cosa che c’è per esplodere in quella che deve venire. Lasciata presagire nel corpo femminile, la dualità esplode nel pensiero femminile.
Maria s’inebria della bellezza della sua visione, ma la sua carne la riporta alla realtà dicendole la verità. La verità divina è il duale che si genera dentro di noi, nell’incessante divenire di ciò che è in ciò che diviene. Né più né meno. L’esperienza umana del divino si fonda su questa verità, elementare se vogliamo, ma di natura misterica. E’ il corpo di Maria ad accedere alla verità. Che il duale sia la verità è testimoniato dalle esperienze mistiche sia religiose che laiche, esperienze che conducono ad una visione illuminante della realtà. Ma come rendere visibile un’esperienza così intima e profonda? Quale l’incarnazione del divino femminile? Sarà Maria a rivelarlo.
La verità genera la vita e la vuole a sua immagine e somiglianza. La vuole; perché il nulla non le assomiglia. Se le fosse piaciuto, sarebbe rimasta una, immobile, autosufficiente, con il nulla intorno. Se avesse potuto stare da sola, sarebbe rimasta sola, a rispecchiarsi nel nulla, a rispecchiare il nulla. La verità temeva il nulla, perché il nulla poteva annullarla. Poteva ridurla a sua immagine e somiglianza. La verità aveva paura del nulla, perché il nulla non confermava il suo essere la verità.
E’ toccante questo punto, addirittura commovente. Mostra il rimpallo fra la verità e il nulla, due dimensioni del travaglio che viviamo fra la perdita costante di senso e gli improvvisi momenti d’essere, come li chiama Virginia Woolf, lampi di dimensione divina che ci abbagliano ma non arrivano a strutturarci, anzi ci fanno dubitare di noi e ci fanno ricadere in quel perdurante senso di vuoto che ci spinge a riempirci di sogni. Il sogno d’amore è quello che ci colma di più, ma è anche quello che ci nasconde di più a noi stesse perché ci impedisce di scoprire che noi siamo amore, che l’amore è la sostanza stessa del nostro essere. Madame l’Amour, è così che la Porete chiama Amore facendone una Signora.
Allora divenne due e fu relazione. Vinse il nulla Capì la sua forza. E come relazione concreta, la verità è.
Fu struttura, perciò vita vera. Fu relazione, perciò realtà. La cosa, la vita, il soggetto vengono dalla dualità.
Altrimenti non vengono. Oppure vanno nel nulla. Per non cadere nell’immagine del nulla la verità genero il due. Fu Madre.
Da quell’origine, la vita, nasce sempre opponendosi al nulla; ogni volta che avverte l’orrore del nulla.
E l’avverte perché tende a potenziare l’avventura duale e sfociare nel divino.
E quando sorge la nuova vita sollecita la vita nuova; la fa venire a propria immagine e somiglianza: vita di verità, purissima strada, aperta ai domani.
Maria diviene due. Madre e Figlia in sé in relazione tra loro.
Due le parole che ci aiutano a riconoscere la verità: Madre e origine. All’origine di ogni donna c’è lei, la scintilla divina con cui veniamo al mondo, la radice sacra in cui ci radichiamo per ritrovare la nostra integrità originaria. E’ da quella radice che la vita si genera a nostra immagine e somiglianza. La relazione madre figlia fa della Creante la Creatrice.