Maria Vergine e l’eredità precristiana – Nadia Lucchesi

Maria Vergine e l’eredità precristiana
di Elisa Ghiggini
Edizioni ESTER, Bussoleno, Torino 2020

Ho letto il libro di Elisa Ghiggini su Maria, spinta da un grande interesse, visto che da 25 anni mi interrogo sulla sua figura e su quella di sua madre Anna. Come sempre mi accade quando accosto il lavoro di una studiosa appassionata e libera da pregiudizi culturali o religiosi, rimango colpita dalle tante coincidenze e, insieme, dalle tante differenze tra le letture di una stessa realtà, dai differenti percorsi che ogni indagine traccia, dalle possibilità che lascia intravvedere.

L’attenzione dell’autrice è in particolare concentrata sulla biografia di Maria, che tuttavia è anche motivo di approfondimento di tutti quegli elementi che collegano la madre di Gesù alle grandi divinità femminili che l’hanno preceduta non solo nella religione greca, ma nelle culture delle civiltà mediterranee e nel movimento ebraico degli Esseni.

Se è difficile sintetizzare la complessità di questi intrecci, è tuttavia davvero interessante intraprendere insieme a Elisa Ghiggini questo viaggio verso un passato lontanissimo eppure ancora tanto presente nella nostra dimensione, che solo apparentemente se ne discosta, poiché mantiene vivi culti e tradizioni, dei quali spesso nulla conosce veramente. L’autrice ce lo rammenta più volte, narrandoci come il folklore abbia conservato intatti i caratteri di una stratificazione di significati, che si condensano nella figura di Maria.

Mi ha colpito molto l’attributo di itinerante, che nelle ultime pagine viene associato alla Madre di Dio e che viene collegato alla sua capacità di suscitare meraviglia, di produrre l’imprevisto, di costruire ponti tra culture e religioni diverse. Si tratta veramente di una prerogativa divina: per me è il tratto distintivo del mettere al mondo qualcosa di nuovo, di offrire speranza, di aprire lo spazio alla differenza. Molte donne l’hanno ereditata e praticata, a dispetto della soffocante rete di obblighi e censure cui erano sottoposte: in particolare venne così definita santa Teresa d’Àvila, fémina inquieta y andariega, dai suoi oppositori. Teresa è vagabonda, non si lascia fermare da nulla, è paziente e ostinata, determinata a realizzare il suo desiderio; come Maria che, scrive l’autrice, è capace di superare ogni difficoltà del suo percorso, anche lo spaesamento, che è una condizione dell’anima (p. 329). I suoi comportamenti, i suoi ripetuti silenzi, lasciano intravvedere il mistero dell’inafferrabilità del suo Essere, soprattutto, mi permetto di aggiungere io, in un mondo ancora troppo segnato da un’immagine uniforme e uniformante, tutta maschile, del sacro.

Ancora una volta, la figura di Maria si amplifica nella visione originale e rispettosa di una donna, che ne sa cogliere gli aspetti più originali, non a caso quasi sempre trascurati dalla tradizione o addirittura occultati nel timore di suscitare antichissime risonanze che poco hanno a che vedere con la dottrina e la visione ufficiale della Chiesa.

Elisa Ghiggini ha portato con la sua ricerca nuovi elementi di riflessione per tutte le donne e gli uomini, credenti o no, che riconoscono la forza simbolica e trasformatrice dell’immagine di Maria. Per questo merita un ringraziamento e una lode.

Nadia Lucchesi