LUPINI VIOLETTI DIETRO IL FILO SPINATO. Artiste e poete a Ravensbrück. Katia Ricci

LUPINI VIOLETTI DIETRO IL FILO SPINATO

Katia Ricci, l’autrice di quest’opera egregia, è già nota a lettrici e lettori per aver rivelato artiste come Sèraphine De Senlis, Charlotte Salomon, Mary Cassat, figure rimaste invisibili allo sguardo neutro della critica d’arte.

La sua ricerca ha un carattere singolare e mi fa pensare ad una sorta di archeologia dell’anima femminile per quel suo inoltrarsi mistericamente dietro le apparenze della vita ordinaria per portare alla luce ciò che di straordinario nasconde, come nel caso di Seraphine De Senlis, una semplice domestica al servizio di una famiglia borghese, che coltiva in segreto la sua pulsione creatrice.

In quest’ultimo lavoro, Lupini violetti dietro il filo spinato, la sua ricerca esce dai confini dalla vita ordinaria per entrare nella vita estrema di un campo di concentramento per sole donne.

A spingere l’autrice in questa direzione sono un’intuizione profonda e una singolare domanda di senso: quali forme di vita si danno le donne quando le condizioni di vita diventano estreme?.

E’ stato il racconto di storie, episodi e gesti di resistenza, vitalità e amore che, a dispetto di tutto, sbocciavano nel campo a spingermi a continuare a leggere e cercare notizie su Ravensbruck, nonostante il dolore, che diventava a tratti anche repulsione, desiderio di rimuovere, di non sapere, di cancellare dai pensieri le immagini che la mente continuamente creava per quello che leggevo.

E’ un libro che si fa leggere a grandi sorsate, tanto è limpida e fresca la scrittura che racconta le atrocità inenarrabili che attraversa. Ad accompagnarci in questo inferno c’è la mano ferma e lo sguardo limpido del cuore femminile che riesce a tirar fuori dall’ombra la potenza creatrice femminile.

Illuminante per me il capitolo delle Storie personali.

Sono sempre stata attratta dalle vicende terribili che hanno subito donne e uomini nei campi di concentramento nazisti….. In particolare mi tocca molto la storia del campo di Ravensbruck perché era riservato solo alle donne. Non so bene il perché, ma continuo a pensare che ci sia una ragione che, nel mio interesse per le donne lì rinchiuse, in qualche modo riguarda anche me, qualcosa che affonda nell’intimo.”

E’ un capitolo che con delicatezza estrema affonda le mani nella carne della vita femminile per farne Storia. E’ a questa altezza che per me si colloca quest’ultima opera di Katia Ricci. Aiuterebbe nipotine e nipotini a conoscere un’epoca oscura della vita delle donne che nessun libro di storia, e non solo di storia dell’arte, racconta.

… un amore che scoprì subito non essere il principe azzurro che credeva fosse quando le era apparso, il bell’ufficiale biondo e con gli occhi blu come i cieli di Giotto …… Come non perdersi dentro? ……Poi il primo rimbrotto e quello sguardo che, improvvisamente rabbuiato, perdeva luce e colore. E dopo poco il giorno più brutto della sua vita. Non era stato nemmeno troppo forte, non le aveva fatto nemmeno troppo male, anzi era stato quasi timido, esitante, forse timoroso. Aveva visto tutto rosso, uno schiaffo, come se le fosse stato dato direttamente sul cuore che era andato in frantumi e aveva arrossato tutta l’aria intorno”

Non è facile dar conto del male oscuro che colpisce le donne fin da bambine e che oggi riassumiamo nel termine patriarcato.

Non è facile perché arriva travestito da padre o da madre o da amante o anche da scuola.

Impiega anni, una bambina, per capire che ciò che ha amato di più, scuola, amante, madre, padre …. erano anche agenti del patriarcato.

Come può una bambina capire quando all’improvviso cambia l’atmosfera, quando dalla finestra sembra non entrare più il sole e qualcosa di minaccioso e incomprensibile annebbia quel senso di benessere che si crea quando si sta tra donne

Trovo illuminante la scelta di avvicinare sul piano simbolico la vita di un campo di concentramento per sole donne come Ravensbruck alla comune vita di una casa.

Mi sono chiesta, pagina dopo pagina, come fossero finite lì tutte quelle donne……

Come mai? Come mai, mi ripetevo andando avanti nell’orrore ! Ma non avevano una casa, una famiglia? Come mai arrivavano vestite con eleganza per poi finire in quelle casacche a strisce a cui legare addirittura gli unici utensili permessi? Non sapevano dove sarebbero finite? Come era possibile? Solo alla fine del libro scopriamo, dalle biografie delle prigioniere, che quelle donne ormai senza sesso e senza identità visibile, erano delle eccellenze, donne amanti della libertà condannate da tribunali “civili” alla più depravata delle vite umane, quelle che neanche la più sfrenata delle fantasie riesce a concepire.

Si, perché questa è la domanda successiva: come è possibile concepire un tale stato di empietà? Quale mente può partorire una malvagità simile? Come hanno fatto a mettere al mondo una creatura così mostruosa come un campo di concentramento e per di più per sole donne? Con quale spirito l’hanno vista crescere quella mostruosità senza spaventarsene? E’ questo l’abisso che fa la differenza.

Sono queste le domande che la Storia non si fa. E alle quali, nei fatti, questo libro da risposte.

Anni fa una donna del Tribunale 8 Marzo mi disse: la mafia minaccia e protegge al tempo stesso.

Fu illuminante per me.

Perché è proprio questa la forza oscura del patriarcato: coniugare paura e amore.

Mariagrazia Napolitano