“Keramikos, la terra e il fuoco” /108 nomi della Dea – Eleonora Paniconi

“Lungo la mia Via vi è un filo che tutto unisce” non un filo lineare, ma circolare come il tornio del vasaio.
Magicamente plasmavo la terra e catturavo il fuoco per trasformarla da uno stato all’altro, come poi gli alchimisti con la materia.
I vasi, cavi come la dea feconda, conservano nel vuoto delle sonore argille la funzione, immutata, di accogliere, proteggere, ricordare.
Da un centro la forma si espande sotto mani sapienti che decise la modellano e leggere la accarezzano, lei si fa dolcemente plasmare perché poeticamente abitano la terra.
Lontano da maestri superbi ho cercato dentro di me quello che non seppero darmi. Entrare in contatto con lo Spirito della terra, questa la mia regola: essere con ciò che trasforma.
La forma da un punto si espande e come una donna gravida cresce. Il segno dall’interno danza con lei, si rafforza, si cela e si svela, dialogando col colore, poi inesorabilmente si dilegua e sfuma.
Non è questa, lo so, la chiarezza dello specchio che riflette inesorabilmente le forme, non è questa la mia regola, se mai una regola ci fosse in me sarebbe simile al riflesso dell’acqua dove ogni molecola, pur sempre libera, è parte dell’insieme.

La mia opera “Keramikos, la terra e il fuoco/108 nomi della Dea, vuole essere un omaggio all’archeologa e antropologa lituana Marija Gimbutas. Leggendo delle sue scoperte ci si sente proiettati immediatamente in una dimensione ideale. Lei ha riportato alla luce, attraverso la sua analisi e le sue scoperte, il tempo mitico di una raffinata cultura egualitaria in cui il corpo femminile della Dea e la Natura sacra erano la stessa cosa.

Questo mio lavoro non intende riprendere gli stilemi del mondo arcaico, lo hanno fatto in maniera sublime gli uomini e le donne di allora come ci insegna nei suoi studi Marija Gimbutas.

Ognuno riporta in quello che fa molto di sé e la ceramica, che ho studiato, è per me il mondo delle forme, e in quell’urgenza del fare, lei è la materia e il linguaggio ideale per questo progetto.
Dando forma alla materia ho scelto quella che per eccellenza è attributo del femminile, a cui da sempre viene riconosciuto il simbolo e la funzione protettiva del contenere e custodire: un vaso, un piccolo recipiente. Una piega sulla circonferenza interrompe la forma perfetta del cerchio, per dare origine ad una forma nuova, diversa. Deformare è un’azione non convenzionale, significa cambiare l’aspetto originario della forma, e cambiare l’aspetto originario della storia. La pressione impressa dalla mano sull’argilla è uguale e contraria alle veneri del paleolitico, le dee uccello, e quello che può sembrare un difetto si rivela un dettaglio funzionale. Il numero 108 è collegato alla concezione arcaica di un tempo ciclico che sopravvive in quelle civiltà in cui è importante essere in armonia con il Cosmo. È un numero magico lunare femminile e si riferisce alle quattro fasi lunari moltiplicate il numero di ventisette che sono i giorni in cui la luna ritorna, prescindendo dalle sue fasi, vicina ad una stessa stella. L’idea di dividere in ventisette parti il cammino della luna fra le stelle, utilizzando una posizione significativa della luna in queste ventisette parti, serviva agli antichi per dedurre la rispettiva posizione del sole e dunque, per fissare i fenomeni stagionali. Lo sviluppo del ciclo della vita umana.
Nell’ultimo periodo della sua vita Marija studiava il sanscrito e 108 è anche il numero sacro dell’India. L’India ha avuto una storia simile a quella Antico-Europea. Gli Aria, guerrieri provenienti dal nord, forti di un’avanzata tecnologia, il carro trainato da cavalli, sovvertono la cultura esistente, ma il culto della Dea permane in maniera prorompente in molte parti dell’India. In forme più sotterranee la Shakti, personificazione della forza dell’energia femminile, della Prakriti, Natura naturante, permane in tutti i darshana, le visioni filosofiche di questo straordinario paese. Il Dio nulla sarebbe e nulla potrebbe senza quell’energia, inerte come un cadavere, come mostrano le molte immagini della dea Kali sul dio Shiva.

Generalmente sono contenuti nelle forme moltissimi messaggi. Si possono tutti ricondurre a messaggi cognitivi, come processi di conoscenza volti a produrre e tramandare un sapere; messaggi fenomenici, acquisiti per mezzo dell’esperienza sensibile; messaggi estetici in cui la bellezza è la dimensione etica in cui la collettività si riconosce. Compresi nelle forme arcaiche dell’Antica Europa un sistema di segni che Marija Gimbutas chiama “script”, segni, grafemi complessi che lei considera anticipatori della scrittura. Comunicando un linguaggio vero e proprio impresso sui primi manufatti arcaici la ceramica si conferma il medium essenziale per la forma più antica di linguaggio. Come ogni linguaggio non assolve alla sola funzione di “significare qualcosa”, ma di “significare per qualcuno” e in questa relazione vi è il “luogo” dove si crea la comunità umana. La lettura dei suoi libri che non è avvenuta per caso, è frutto di ricerche sulle tracce della Dea.
Nel 2016 ho iniziato questo lavoro come omaggio a questa donna straordinaria. Non avevo come obiettivo il 2021, e sono stupita, io per prima, della concomitanza di questa data con la conclusione del mio progetto, mi fa piacere pensare che la Dea ci guida, sempre

Eleonora Paniconi

Arte come riparazione, arte come scavo nella memoria.

La mia opera “Keramikos, la terra e il fuoco”/ 108 nomi della Dea, è un omaggio all’archeologa e antropologa americana di origini lituane Marija Gimbutas il cui merito è quello di aver riportato alla luce il tempo mitico di una raffinata cultura egualitaria in cui il corpo femminile della Dea e la Natura sacra erano la stessa cosa. È stata capace di introdurre e sostenere con studi approfonditi una visione ampia e complessa di quella che lei stessa definisce “Civiltà dell’Antica Europa”

 

Non intendo col mio lavoro riprendere gli stilemi del mondo arcaico, lo hanno fatto in maniera sublime gli uomini e le donne di allora.

 

Ognuno riporta in quello che fa molto di sé e la ceramica è per me il mondo delle forme e in quell’urgenza del fare, lei, è la materia e il linguaggio ideale per questo progetto. Un mondo, quello della ceramica, il cui fascino ha però specificità e regole ben precise con lunghissimi tempi di attesa. Accettare i momenti in cui non c’è un controllo totale sull’opera, insegna ad “accettare l’imponderabilità” della materia: della terra, dei colori, del fuoco e del loro interagire in quella che è la dimensione potente del toccare.

 

La forma a cui da sempre viene riconosciuta la funzione protettiva del contenere e custodire è un simbolo arcaico del femminile: un vaso, un piccolo recipiente. Una piega sulla circonferenza interrompe la forma perfetta del cerchio. Deformare è un’azione non convenzionale, significa cambiare l’aspetto originario della forma cambiando l’aspetto originario della storia. Il vaso, inoltre, circoscrive in Ciò-che-è-Vuoto la ragione del contenere Ciò-che-è-Essenziale, “ragione primaria di ogni cosa”, aspetto importante del sacro per le civiltà arcaiche.
Eleonora Paniconi