Parti in casa a Venezia –  Nadia Lucchesi

Leggere il libro di Franca è stata un’esperienza felice, che mi ha portato una serie di doni:

la conoscenza di una “storia” che io avevo in parte sfiorato, ma che non mi era nota fino in fondo;

il conforto di ascoltare una narrazione della nascita in cui emerge finalmente “l’opera femminile di civiltà” e si riporta al mondo un mondo di saperi e di pratiche, cancellato da secoli, in cui le mani maschili hanno sostituito, spesso con goffaggine, incompetenza e supponenza quelle delle donne (29-30);

l’emozione di riattraversare anche la mia storia, legata con fili stretti a tante donne che, dagli anni ’70 in poi, hanno reso Mestre un luogo di sapienza, coraggio, energia femminili. Per questo devo ringraziare anche Alessandra De Perini e Désirée Urizio, autrici di una introduzione ricchissima e articolata, che rende conto del lavoro di analisi, ricerca e ricostruzione storica, che ha sostenuto e arricchito la scrittura dell’autrice.

Franca ha saputo seguire il suo desiderio, che l’ha condotta a lasciarsi alle spalle la formazione tecnica della scuola secondaria superiore per abbracciare una professione che avesse al centro la cura, ma tenesse conto soprattutto delle esigenze delle donne. Il suo impegno sociale e nella politica anche istituzionale si è sempre orientato alla difesa dell’ambiente e della pratica delle relazioni, ma non è questo che mi ha veramente colpito e di cui vorrei parlare: Franca è un’ostetrica che ha incrociato la sua strada con il percorso filosofico, mantenendo sempre come bussola il pensiero delle donne, come si capisce dal titolo della sua tesi di laurea in filosofia, Donne ed ecologia: il contributo della riflessione femminile alla coscienza ambientale dopo Chernobil.

La scelta di Franca, filosoficamente parlando, opera un taglio con una forma di sapere maschile che, da Socrate in poi, ha contrapposto teoria e pratica, pensiero astratto ed esperienza, creando una gerarchia che privilegiava l’attitudine degli uomini a mettere al primo posto l’universale, l’idea, e, secondo una logica binaria, subordinava le donne e le loro ragioni. La morte è stata il pensiero dominante della filosofia, fatte salve alcune rarissime eccezioni. La cura della vita e della nascita ha da sempre segnato l’opera femminile.

Ho citato Socrate non per caso, infatti a lui Platone fa dire di aver ereditato l’arte di sua madre, la levatrice Fenarete, ma di esercitarla in modo del tutto differente, perché “opera su gli uomini e non su le donne, e provvede alle anime partorienti e non ai corpi” (Platone, Opere, vol. I, Laterza, Bari, 1967, pagg. 276-279. Platone, Teeteto, 149 a-151 d).

Le creature che Socrate aiuta a partorire sono le idee, la verità che, come Platone farà dire a Diotima nel Simposio, sono più preziose dei figli in carne ed ossa e garantiscono davvero l’immortalità.

Il sapere che Franca ci trasmette si pone al di sopra delle contrapposizioni platoniche e rappresenta uno scacco per la cultura di tradizione maschile: si può essere vere filosofe e vere ostetriche insieme, perché aiutare una donna a partorire la sua creatura significa non solo contribuire alla nascita di un essere umano nuovo, ma rinsaldare e favorire una rete di relazioni che coinvolge la madre, la levatrice, la nonna, e il padre, la cui consapevolezza aumenta mentre si rafforza il legame con la sua compagna e la figlia o il figlio insieme hanno deciso di mettere al mondo.

La decisione di Franca di esercitare la sua professione anche nelle case, dunque fuori dalle logiche dell’assistenza ospedaliera, segnata in modo molto forte negli anni ’70 da una visione “tecnologica” del parto, era dettata non solo dalla gioia di stare a contatto con le creature appena nate, ma soprattutto dal desiderio di aiutare le donne a realizzare la loro libera scelta di diventare madri (32).

Nella sua narrazione, Franca rende conto della complessità del compito della levatrice e paga il suo debito di riconoscenza a tutte quelle che le sono state maestre e compagne nell’apprendimento di un’arte difficile e per lo più osteggiata dalla scienza medica, le cui logiche sono state per secoli incapaci di cogliere la sacralità e il valore materiale e simbolico del parto. Essere gravide non è una malattia, partorire non è un evento che pertiene solo alla medicina: una donna che mette al mondo la sua creatura riscopre la sua sovranità, la sua forza, la sua creatività (54) e dunque rimette al mondo anche se stessa.

Scrive Franca “essere femminista e ostetrica per me significa costruire un sapere che tiene insieme la verità dell’esperienza dei corpi con la consapevolezza che il mondo può e deve essere trasformato secondo criteri diversi da quelli dell’ordine costituito, fondato su logiche di mercato e sul primato dei rapporti di forza” (53). Nel contempo, l’autrice rende conto dell’importanza di tutte le soggettività che interagiscono per condurre a questo esito: l’alleanza con le colleghe, le relazioni politiche che ha tessuto, il pensiero filosofico della differenza sessuale, la consapevolezza delle madri che a lei si sono affidate. Le loro storie, cui è dedicata la seconda parte del libro, ci fanno vivere la magia di ciascun travaglio, un vero e proprio “lavoro” che impegna corpo, mente e spirito e produce il miracolo della vita. Il confronto politico per ottenere il riconoscimento del valore di ogni madre e di tutte le donne che da sempre sono “davanti a lei” e la assistono nel momento del parto è ancora in atto: Franca ne è stata una delle pioniere, anche se ha acquisito la certezza che le leggi da sole non bastano e che la libertà femminile ha già avviato un cambiamento significativo, che vede le donne ormai protagoniste del proprio parto (131).

Questo fa la differenza in un momento storico in cui la maternità è sotto attacco, non solo per le condizioni economiche e sociali che la rendono sempre più difficile, ma anche per la pervasività di un pensiero solo apparentemente libertario che tende a strumentalizzare il corpo femminile e a rendere il frutto del suo ventre una merce a disposizione di chiunque desideri e abbia i mezzi, tanti, per acquistarla e appropriarsene.

Nadia Lucchesi