L’articolo qui di seguito è un estratto di un lontano articolo del 1998 e di parte dei risultati di una successiva ricerca che sono poi confluiti in un libro più ampio. All’epoca della ricerca non conoscevo ancora l’economia del dono di Genevieve Vaughan e frequentavo il femminismo piuttosto marginalmente, ma ero già piuttosto interessata alle dinamiche di contatto e ibridazione dei pensieri e delle forme economiche.
Per un caso piuttosto fortuito, occupandomi di integrazione urbana in Senegal a Dakar, nella periferia di Guediawaye, entrai in contatto con le associazioni femminili di base, conosciute prevalentemente come m’botaaye o tontine, e ne rimasi affascinata per la potenza femminile che esprimevano e la loro carica «non – economica», seppure avessero come una delle prerogative principali, proprio la gestione collettiva del risparmio.
La forza e l’atmosfera di questi incontri ha continuato a risuonare in me sia per la gioiosità (senza nulla togliere alla complessità) di uno speciale stare insieme fra donne che per la logica pre-mutualistica, che successivamente mi ha portato a sperimentare forme simili, le comunità auto-finanziate (CAF), qui in Italia.
La non onnicomprensività del denaro e la declinazione di un contesto finanziario in una opportunità composita di aspetti economici, sociali e simbolici
Dal punto di vista del funzionamento microfinanziario, le tontine (Rotating Saving and credit Associations) sono associazioni i cui membri versano secondo una periodicità regolare un medesimo contributo in un fondo comune, che sarà ridistribuito ad ognuno di loro secondo una logica rotativa. Si tratta di forme di risparmio e credito informali diffuse in tutto il mondo (Sh. Ardener, Money-Go-Rounds. The importance of Rotating Savings and Credit Association for Women, 1996), che sembrano rispondere alle pressioni di una precarietà che non permette l’accumulo di denaro, un risparmio personale, utile ad azioni a più lungo raggio che quelle per la sopravvivenza giorno per giorno. Seppure da molti studiate prevalentemente nei loro aspetti finanziari e in vista di una loro integrazione nell’economia formale (cosa che per altro si è vista piuttosto improbabile) altre autrici e autori ne hanno sottolineato la forte vocazione sociale: il loro fare parte di logiche della reciprocità che, basate sulla solidarietà e la circolazione continua di beni e di denaro liquido, fondano la sopravvivenza di molte comunità.
In generale, nelle loro diverse specificità, sottolineano una visione della gestione dei beni in cui la reciprocità degli aiuti sottintende una logica della circolarità che cerca di superare i problemi della precarietà attraverso la creazione di relazioni che potranno venirci in aiuto nei casi più diversi e che certamente non sono solo economiche, ma racchiudono senso, significato, comunità e possibilità di affermazione personale all’interno di una rete di accoglienza fra pari. Tralasciando la discussione sul loro essere o meno strategie di risposta alle sfide dell’urbanizzazione e della globalizzazione o sul loro essere spazi cerniera di integrazione fra la sfera moderna, capitalista e quella tradizionale e legata alle dinamiche di lignaggio, queste associazioni testimoniano una continuità logica con forme del vivere in cui il denaro è considerato solo una fra le tante forme di ricchezza circolante.
Fatti, nomi e esperienze
La città di Dakar negli anni della ricerca (1998-2000) presentava all’osservazione la presenza di moltissime forme associative: etniche, religiose, politiche, di vicinato, familiari e, fra le associazioni di base più diffuse, proprio le tontine, i Rosca’s.
Nelle interviste la tontina era raccontata, prima di tutto, come una cassa di risparmio, attraverso la quale le donne si assicurano somme altrimenti al di fuori della loro portata. Nella maggior parte dei casi il denaro è utilizzato per dar vita o mantenere attività commerciali, progetti personali e/o familiari, per assolvere a necessità mediche, spese scolastiche, acquisto di beni, urgenze.
Questa tipologia associativa che si realizza sempre nelle aree di vicinato o in quelle di esercizio professionale, nella maggior parte dei casi raggruppa donne che vivono una medesima fase sociale e biologica e in ogni caso le donne coinvolte non sono più nubili. Si associano fra loro donne che hanno una differenza di età che non supera i dieci anni e che spesso condividono anche una medesima situazione economica e matrimoniale. In generale si costruiscono attorno ad un regolamento condiviso e ad un ufficio formato da una presidente o “madre” e due o tre membri che svolgono funzione di supplenza, segretariato e tesoreria.
Possono raccogliere un numero variabile di donne e richiedere una quota periodica di partecipazione diversa da una associazione all’altra, a seconda delle comuni possibilità finanziarie delle partecipanti di ogni gruppo; possono adottare un sistema di sanzioni, applicate a coloro che non versano la quota alla data fissata, ma anche a chi ritarda, litiga o rifiuta di danzare. Il gruppo può così declinarsi secondo innumerevoli varianti e una stessa associazione può mutare nel tempo e, per inciso, abbiamo osservato come spesso dalle tontine possono nascere altri gruppi più strutturati come i Gruppi di Interesse Economico, formalmente riconosciuti, e altro ancora.
La tontina assume così al contempo un significato sociale profondo che sembra chiamare in causa una molteplicità di funzioni legate non solo a un aumento di potere finanziario, ma a tutto un ventaglio di potenzialità che l’associarsi fra donne di medesimo status permette di attuare. Si tratta, dunque, di associazioni particolarmente versatili e plurifunzionali, come anche i termini che le definiscono suggeriscono: il termine francese “tontina”, usato localmente, accompagnato da tour e, in wolof, da m’bootaay, natt e tek.
Il termine m’bootaay (dal verbo boot e il suffisso aay, indica l’atto della madre di portare il figlio sul dorso), che in area rurale denominava le antiche classi d’età femminili, in ambito urbano è venuto a definire il gruppo locale delle donne della stessa generazione, consolidato in solidarietà formalizzate, soprattutto in relazione al sostegno reciproco durante le cerimonie: battesimi, matrimoni, funerali.
I membri dello m’bootaay si tassano e si aiutano ogni volta che una di loro si trova nell’obbligo di celebrare un evento familiare. L’importanza che le m’bootaay danno alle cerimonie, quali momenti forti di ricomposizione del lignaggio, mette in rilievo il ruolo giocato dal gruppo dei pari nell’integrazione dei livelli inter e intra-generazionali delle forme di solidarietà. A volte le cotizzazioni si articolano secondo previsionalità piú strutturate, e danno forma a una cassa comune che verrà utilizzata al momento del bisogno; proprio da queste forme più regolari spesso nascono le tontine, che spesso continuano ad essere chiamate m’bootaay.
Natt indica l’unità di misura, dunque il versamento regolare di una quota uguale per tutte, detta anche mise in francese, come tek che indica l’atto di depositare qualcosa. Il termine tour, giro, usato sempre in francese, indica la circolarità della vincita, il turno, ma anche la circolarità dell’incontro, la mobilità del luogo della riunione, che si svolge ogni volta a casa di ognuna delle diverse partecipanti.
Tontina è la parola con cui simili forme associative sono conosciute non solo in Africa ma in molte altre aree francofone d’oltremare e racconta di processi legati alla colonizzazione. Il nome viene infatti da una forma assicurativa inventata da un banchiere napoletano alla corte del Cardinale Mazzarino, Luigi Tonti, intorno al 1653, che trovò poi attuazione statale in Europa a partire dal XVII secolo, circolando nel frattempo e anche dopo, in varie aree del mondo, insieme ai Francesi, come termine per designare varie formule di risparmio e credito, locali e importate.
Uno spazio di riferimento affettivo, di divertimento e di circolazione di saperi al femminile
Queste formule non sono in assoluto solo “per donne”, tuttavia, nel contesto di questa periferia urbana quelle femminili assumono l’aspetto particolare di incontri festosi e vagamente rituali. Ogni gruppo ha la propria storia e lascia che l’incontro si sviluppi nello spirito che ritiene più opportuno. Tuttavia sono ambiti in cui le donne, in misura diversa, tendono a creare una dimensione festosa. Una giocondità sottolineata dalle danze (che insieme alle chiacchiere riempiono i tre quarti delle due ore dedicate all’incontro), dalla esibizione della propria bellezza, dai gioielli e dalle tenute eleganti indossate, dal piacere dello scambio verbale, dello scherzo, della presa in giro e dell’apprezzamento reciproco.
Nelle società wolof e toucouleur, le donne sposate sono sottomesse, in generale, a una regolamentazione comportamentale che le vuole discrete e poco espansive. La patrilocalità, piuttosto diffusa, porta la donna a un allontanamento dal nucleo familiare e residenziale di origine e domanda la ricostruzione di ambiti d’incontro in cui poter reinvestire anche affettivamente, quali sono le tontine e le altre associazioni femminili. Qui gli incontri periodici delimitano degli spazio-tempo separati dalla vita quotidiana, sottratti allo sguardo e al giudizio sociale, in cui è possibile esprimersi in maniera distesa e rinforzare le relazioni fra donne. Gli incontri, che sono occasioni di rafforzamento economico e delle solidarietà, nei loro aspetti festosi acquisiscono i tratti celebrativi di un’appartenenza e di un riconoscimento reciproco.
“Quello che è importante è il contatto umano, i piccoli scherzi, le prese in giro reciproche. I tour li abbiamo creati per aiutarci reciprocamente“, Sadio, 35 anni.
All’interno delle associazioni hanno spesso luogo relazioni più complesse di confidenza e mutuo soccorso, come i rapporti detti “di adozione”, usati in molte tontine per fortificare le relazioni interpersonali. Fra questi molto diffusa la relazione di ndey dikke, una forma di gemellaggio tra due donne che, in generale, si traduce in una parità e in una fiducia assoluta, oltreché nella consuetudine all’aiuto reciproco in molti momenti della vita quotidiana e nel corso delle cerimonie familiari.
Altre relazioni “di adozione” sono quella detta “madre-figlia” in cui è previsto un aiuto finanziario fra le due donne, soprattutto in relazione alle cerimonie, o la relazione chiamata “cugina-cugina”, disegnata sulla relazione fra cugini incrociati: un rapporto asimmetrico in cui un membro offre all’altro il suo lavoro, ottenendo in cambio protezione e aiuto economico (vestiti smessi, vecchi mobili, arnesi da cucina o altro). Tutte queste variazioni sul tema della reciprocità permettono di rinforzare la tontina urbana su socialità che si riconnettono a consuetudini relazionali sociali e parentali conosciute, rafforzando, nella maggior parte dei casi, la rete fra le donne del gruppo di vicinato.
Danza e bellezza, onore e condivisione.
Espressione intra-generazionale, radicata in una dimensione di “rivalità fra pari”, che prevede lealtà e l’espressione di valori quali l’amor proprio e l’onore (jom e gor), nella tontina si esprime una eguaglianza relazionale in cui sono favoriti la condivisione e l’apprendimento reciproco, che facilitano l’espressione individuale e la condivisione di esperienze e contenuti.
Su questi valori si strutturano le dinamiche di circolazione dei saperi interne al gruppo e il senso di appartenenza e forza femminile collettiva espresse anche attraverso la danza che tanta parte dell’incontro occupa. Insieme al gioco e a una comunicazione regolamentata diversamente da quella quotidiana, la danza permette la comunicazione non verbale di saperi legati anche alla sessualità, che circolano fra le donne insieme a informazioni più esplicite.
Nella società senegalese la danza fa parte del vivere quotidiano ed è sottomessa a regole specifiche di esecuzione: le interpretazioni sono considerate appropriate a seconda dell’età e l’appartenenza sociale. Tuttavia, nelle occasioni d’incontro di sole donne, quali appunto le tontine, l’appropriatezza dei movimenti, a volte simbolicamente connessi alla sfera sessuale, si definisce diversamente che nei contesti pubblici e la danza può essere resa funzionale a significati specifici propri al gruppo, esprimere una dimensione di forza, di contro-potere e di ironia e testimoniare di uno sguardo consapevole e critico delle dinamiche di genere.
Così la danza, il gioco, l’esibizione della bellezza e delle attrattive erotiche celebrano una presenza in cui ognuna dichiara se stessa attraverso il riconoscimento e il gioco con le altre e danno luogo a una immagine condivisa di femminilità potente che si collega, inoltre, con l’importanza del denaro che la tontina fa circolare e che le donne gestiscono secondo il loro punto di vista, il loro desiderio, la loro intraprendenza, piegandolo alle logiche delle loro priorità e senso di appartenenza e a volte proprio reimmettendolo nel circuito delle reciprocità. In questi incontri viene riattualizzata la potenza delle relazioni sociali, alle quali si collega la circolazione del denaro e la circolazione dei saperi, utili alla propria affermazione, socio-relazionale ed economica al tempo stesso.
Probabilmente attratta dalla multidimensionalità di questi incontri e dal benessere condiviso che sembravano produrre (che questo estratto non so se è riuscito a comunicare) tutt’oggi ritengo emozionante soffermarmi sull’importanza e le qualità, a volte così differenti nei vari contesti, delle relazioni umane e soprattutto fra le donne. Relazioni che rimettono in causa l’unidirezionalità delle letture del dominio economico e pongono questioni e suggestioni per riflessioni sull’economia di mercato e sull’economia del dono che ci riguardano direttamente.
Francesca Lulli
Riferimenti
“Movimenti socio-culturali e movimenti intellettuali femminili in Senegal fra gli anni ’60 e ’90. Uno sguardo storico”, in A. Piga (a cura di), Senegal. Culture in divenire in Africa occidentale, AIEP, 2013.
Microfinanza, Economia popolare e Associazionismo in Africa occidentale. Uno sguardo al femminile, Editori Riuniti, 2008.
“La microfinanza fra tecnica e dimensione sociale: esperienze dall’Africa occidentale”, Afriche e Orienti, XIV, n. 1-2/2012.
“Donne e sviluppo locale. L’importanza dell’associazionismo e della gestione del credito”, Quaderni di Intercultura,13, aprile 2007, Istituzione Centro Nord-Sud, Pisa, 2007.
“Strategie di inserimento urbano. Associazionismo e etiche al femminile a Dakar”, in A. Piga (a cura di), Islam e città in Africa a Sud del Sahara. Tra sufismo e fondamentalismo, Liguori, 2001.
“Associazioni femminili, sistemi economici rotativi e identità urbane a Dakar”, AFRICA-IsIAO, LIII – n°3, Roma. 1998.
Documentario: Per non restare a braccia conserte. Tontine femminili a Dakar, (italiano, francese e inglese), 23 mn., Ethnos Pidgin, ed. 2000
https://www.arcoiris.tv/scheda/it/6369/