Stiamo vivendo una delle più grandi crisi sanitarie, umane, sociali ed economiche dal dopoguerra in poi.
Come questo si tradurrà nelle nostre vite sarà soltanto il tempo a dircelo.
Siamo in attesa di entrare nella cosiddetta seconda fase di questo percorso doloroso, cioè l’uscita dall’emergenza, e col miraggio lontano della liberatoria terza fase.
Ma dopo che tutto sarà finito, dopo che avremo assistito all’assegnazione delle tante, troppe, medaglie alla memoria, e poi di quelle al merito e al valore, quante opportunità rifondanti saremo in grado di cogliere?
Avremo a nostra disposizione, di nuovo, una grande eredità che andrebbe di pari passo ad una altrettanto grande responsabilità.
E dovremmo cercare di riuscire nell’intento, lo dobbiamo a noi stessi, ma se davvero tutta la nostra vita è anche un lungo atto di separazione, lo dobbiamo ancor più a tutte le persone che questa immane tragedia ha portato via e alle quali non è stato concesso alcun modo per dirsi addio.
Nel frattempo, in questo forzato lock down da confinati, stiamo vivendo un tempo particolare.
Il tempo di Estia.
La dea per sempre vergine, custode del focolare domestico, ma anche fuoco spirituale che illumina.
L’unica a non essere rappresentata in sembianze umane, dea astratta e senza immagine.
Primogenita di Rea e di Crono, fu anche la prima ad essere inghiottita dal padre e l’ultima ad essere liberata.
Silenziosa e centrale, dimenticata, poco rappresentata, spesso ignorata, Estia conobbe la solitudine nel buio delle viscere paterne.
Le appartiene il simbolo del cerchio, prettamente femminile, ed ha sempre un punto fermo dentro di sé.
Come le altre dee vergini, Atena e Artemide, è completa in sé stessa e rappresenta indipendenza e autosufficienza, in quanto a capacità di concentrazione rivolta al mondo interno, nel mettere a fuoco la coscienza e l’esperienza soggettiva interiore.
Le modalità di Estia possono venire in aiuto in questo momento.
La sua è una visione profonda ed è sempre suo quel punto fermo in mezzo al caos.
“Quando ci sentiamo in contatto con una fonte interna di calore e di luce questo fuoco scalda coloro che amiamo e con cui condividiamo il focolare, e ci tiene in contatto con chi è lontano.
La dea e il fuoco erano una sola cosa e univano le famiglie l’un l’altra, le città-stato alle colonie, divenendo l’anello di congiunzione spirituale fra tutti loro.
Quando i valori femminili legati al suo archetipo vengono dimenticati e disonorati, l’importanza del santuario interno – il viaggio interiore per trovare senso e pace – diminuisce o va perduta.
Scompare così anche il senso del sottostante legame con gli altri, così come, negli abitanti di una città, di un paese o della terra, il bisogno di sentirsi uniti da un vincolo spirituale comune”.
Così scrive Jean Shinoda Bolen nel suo fondamentale libro Le dee dentro la donna (Astrolabio).
Il tempo di Estia ci invita al ritiro e alla concentrazione mirata, ci chiede di riscoprire il suo fuoco sacro, di rientrare nel cerchio, di ritrovare ognuno il proprio centro, spirituale e umano.
Tradizionalmente e troppo semplicisticamente legata alle donne che svolgono a tempo pieno il lavoro domestico, Estia nel mondo, specialmente in ambiti dove le discipline principali sono la preghiera o la contemplazione, la meditazione oppure la cura di una comunità, è molto più presente di quel che si possa immaginare.
E’ presente nella “stanza tutta per sé” di woolfiana memoria o nel personaggio della signora Ramsay di Gita al faro. E’ l’essenza simbolica di attività come la pittura, il ricamo, la scrittura o la lettura…
Rappresenta un connubio di resilienza e intelligenza emotiva, e i suoi silenzi sembrano una sorta di presenza-assenza.
Estia era una dea vergine che non ebbe mai bisogno di un uomo al suo fianco, non venne mai soggiogata o svalutata, né subì mai la violenza maschile, ma manteneva e conservava al contempo la propria potenza generatrice.
Archetipo scomodo, così diversa dalle donne che la rappresentano, da quelle tante mura domestiche piene di violenza e sopraffazione. La loro Estia è lesa, fatta di autocontrollo e anonimato, i loro sentimenti ignorati, la loro presenza scontata.
Pur occupando in casa sempre una posizione centrale e fondamentale, è praticamente negata la loro essenza ed esistenza.
E l’attuale periodo che stiamo vivendo, di stretto ritiro domestico, non fa che peggiorare tante situazioni già al limite.
Ma estendendo il discorso possiamo accorgerci che è leso anche il senso e il significato di un’altra parola, solo apparentemente lontana da questo contesto…la parola “economia”, che deriva dal greco “oikos (“casa, dimora”) e “nomia” (“governo, amministrazione”), quindi “amministrazione della casa”, luogo femminile per eccellenza, quindi anche il luogo di Estia.
Quel che è certo è che l’economia che conosciamo, storicamente, culturalmente e ontologicamente rivelatasi appannaggio del “maschile”, dato il modello patriarcale imperante da secoli e al quale essa si è ispirata e riferita, ha sino ad ora plasmato, livellato e degradato il mondo costringendoci ad un modello di sviluppo insostenibile, incosciente e criminale.
Ma del quale siamo tutti responsabili. Nostro malgrado.
Tale modello è molto diverso dall’economia informale, cioè il mondo della cura e delle relazioni umane, in cui per la ricercatrice finlandese Hikka Pietila possono essere scoperti alcuni modelli alternativi, decisamente più vicini al mondo di Estia.
La Pietila in tal senso immagina una via femminile/femminista in cui l’economia venga considerata come un sistema olistico, dove la sfera domestica e comunitaria, la produzione agricola e la produzione industriale siano poste in relazione in quello che lei chiama “triangolo dell’economia umana”, ed in cui ogni settore interagisce con gli altri reciprocamente. La studiosa immagina una nuova cultura femminile in cui economia formale e reale, ambiente, potere, democrazia, pace e sicurezza sono fortemente interconnessi ed in cui il femminismo diventa lo strumento di emancipazione non solo delle donne, ma di tutti gli esseri umani. <fn>Per info: Le donne, la scienza, l’economia. Una antologia (1888-2013) – DEP</fn>
Potrebbe sembrare una provocazione assurda.
Potrebbe diventare una rivoluzione necessaria.
Un antico proverbio greco recita “cominciare da Estia…significa che ogni inizio dovrà partire da lei.
Brunella Campea