Due giovani donne ci indicano un’altra Civiltà

Youth4Climate: 28 settembre a Milano

Greta Thunberg e Vanessa Nakate sono sul palco dello Youth4Climate, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si è svolto a Milano il 28 Settembre scorso. Portano con forza e determinazione la richiesta di un cambio di civiltà, una visione del Pianeta nel quale il destino non sia quello a cui un patriarcato cieco e devastante ci ha inchiodati.

Greta Thunberg, rifiutata la scorta è arrivata in stazione zaino in spalla da Francoforte, dopo sette ore di treno e dopo un tour in Germania che l’ha vista prima sfidare la politica tedesca che si accingeva al voto, poi la tappa nella Ruhr, per alzare la voce nella zona delle miniere.

Greta è una forza della Natura, è la voce della Terra devastata da politiche economiche cieche e da fabbricanti di parole vuote, per lei è giunta l’ora, per i leader politici, di passare dalle parole ai fatti.

“Non c’è un pianeta B, e nemmeno un pianeta Bla. Bla, bla, bla…”.

“Servono riduzioni drastiche delle emissioni annuali, azioni mai viste prima. E siccome non abbiamo le soluzioni tecnologiche per centrare l’obiettivo, significa che dovremo cambiare il nostro modello di sviluppo. “Non possiamo più permettere ai potenti di decidere cos’è possibile a livello politico e cosa no”.

“La speranza non è qualcosa di passivo. Possiamo invertire questa tendenza, ma servono riduzioni drastiche delle emissioni, riduzioni mai viste prima. Non possiamo più permettere ai potenti di decidere cosa sia la speranza. La speranza è dire la verità, agire, e viene sempre dalla gente. Noi vogliamo un futuro sicuro, vogliamo la giustizia climatica. Ora”.

Ad ascoltarla al Mico Milano Convention Centre, sono quasi 400 giovani tra i 15 e i 29 anni selezionati nel rispetto dell’equilibrio geografico e di genere.

Con lei e prima di lei parla Vanessa Nakate, giovane ugandese, fondatrice di Rise Up, la più applaudita sul palco di Milano per il suo commosso intervento che riportiamo completo:

“Molti dei miei amici mi hanno chiesto come mi sento. Ad essere onesta, mi sento molto nervosa e soprattutto emozionata. Settimana scorsa mi trovavo con altri attivisti e camminavamo in città. Abbiamo visto un veicolo della polizia e di solito questo significa che è successo qualcosa di brutto.

Ho chiesto alla mia amica se ci potessimo allontanare, ma lei era curiosa. Ha insistito per passare e poi mi ha detto: ha visto il corpo di una persona. C’era anche un altro gruppo di persone era alla ricerca di altri corpi. È successo dopo un forte temporale. Quando sono andata a casa, ho scoperto che anche mia mamma era lì mentre pioveva forte. Mi ha detto che una delle persone che è stata portata via dalle inondazioni, stava cercando di proteggere la propria merce dall’acqua, dal temporale.

Quindi buongiorno, mi chiamo Vanessa Nakate e vivo a Kampala, in Uganda, un paese che è uno dei più esposti ai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni ho assistito sempre di più all’impatto della crisi climatica sul continente. È assurdo perché l’Africa emette meno CO2 di tutti i continenti, escludendo l’Antartide.

Storicamente l’Africa è responsabile solo del 3 per cento delle emissioni globali, eppure subisce gli impatti più forti della crisi: uragani sempre più forti, inondazioni devastanti, siccità.

Le persone stanno morendo, ma tante altre hanno perso i loro beni di sostentamento. La siccità e le inondazioni hanno lasciato alle persone solo dolore, agonia, sofferenza, fame e morte.

Una relazione recente della Banca mondiale ha detto che potremmo arrivare a 86 milioni di persone sfollate nell’africa subsahariana a causa dell’aumento del livello dei mari, della desertificazione, del calo dell’acqua dolce e di scarsità alimentare. Negli ultimi mesi ci sono state ondate di caldo mortali e incendi in Algeria, inondazioni devastanti in Nigeria. L’Onu ha dichiarato che il Madagascar sta soffrendo la fame a causa dei cambiamenti climatici. Decine di migliaia di persone stanno soffrendo livelli catastrofici di fame e insicurezza alimentare dopo quattro anni senza precipitazioni.

Chi pagherà per il Madagascar?

Non succede solo nel continente africano. L’uragano Irma, Maria, Dorian e Harold hanno reso alcune isole caraibiche e del pacifico inabitabili.

Sei milioni di bengalesi hanno dovuto lasciare le proprie case a causa dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, il 70 per cento delle coste del paese scomparirà sommerso dall’acqua, creando circa 40 milioni di rifugiati climatici.

La Iucn ha recentemente annunciato che oltre 38mila specie sono incluse nella lista rossa, che rappresenta l’elenco più completo delle specie che rischiano l’estinzione. Chi pagherà per le isole che perderemo ai caraibi e nel Pacifico? Chi pagherà per le comunità che dovranno abbandonare la costa bengalese.

Chi pagherà per migliaia di specie estinte che verranno dimenticate? Per quanto dovremo piangere? Per quanto dovremo assistere all’estinzione degli animali? Per quanto i bambini saranno costretti a sposarsi perché le loro famiglie hanno perso tutto nella crisi climatica? Per quanto i bambini dovranno andare a letto affamati perché l’acqua ha portato via tutto, perché i campi sono secchi a causa delle condizioni estreme? Per quanto tempo li guarderemo morire di fame, durante la siccità. O mentre cercano di respirare, durante le alluvioni? Come fanno i leader a guardare quello che succede e non fare niente per fermarlo? I nostri leader si sono persi e il Pianeta è danneggiato.

Nessuno parla mai della perdita e dei danni derivanti dalla crisi climatica. Non ci si può adattare alla perdita delle tradizioni, della storia e delle culture. Non ci si può adattare alla fame. Non ci si può adattare all’estinzione.”

Una riflessione

Come possa questa giovane donna essere capace di trascinare milioni di coetanei e donne e uomini nella sua visione è per il modo di sentire di oggi così cinico, distaccato e virtuale apparentemente inspiegabile; per farlo dobbiamo forse tornare indietro nel tempo e rintracciare lo stesso afflato sconvolgente e coinvolgente che fu in grado di inondare territori interi sotto l’immagine e le parole di un’altra giovane donna che come lei era capace di farsi ascoltare da moltitudine di genti perché non solo credeva e sentiva ma “vedeva” la sua visione. Giovanna D’arco era considerata come Greta un po’ “disturbata” non del tutto presa dal mondo reale pure è riuscita a farsi seguire da eserciti interi e a rendere reale la sua visione di un mondo diverso pagandone infine il prezzo di un agnello sacrificale. C’è qualcosa di arcaico in questa capacità, qualcosa che ci arriva da riti ancestrali che legano il femminile alla Terra, la Terra all’umanità, l’umanità ad un solo destino che è lo stesso del nostro Pianeta e di tutte le sue creature perché siamo una sola creatura. L’autorevolezza di una donna che svela questa assoluta verità è una rivelazione sacra e come è sempre stato e sempre sarà quando ciò si manifesta diventa visibile anche ai più ottusi. Non è un caso che una giovane donna che ora può rispecchiarsi in un’altra giovane donna crei questa energia contagiosa e se la cerchiamo dentro di noi ne avvertiamo il riverbero: è la potenza della creazione.

Alessandra de Nardis