Il Mistero di Grotta Scaloria

Grotta Scaloria - Foto dell'ARCHIVIO MULTIMEDIALE STORICO Commissione Grotte Eugenio Boegan - Trieste

Mi sono iscritta al primo per quest’anno degli Incontri di Preistoria che il sito Preistoria in Italia dedica alla divulgazione di un argomento che è stato a lungo trattato anche su Autrici di Civiltà. Dell’incontro che si è tenuto online il 24 gennaio mi aveva colpito l’argomento: Grotta Scaloria, dagli scavi di Marija Gimbutas fino alle ultime ricerche e, anche se non avevo idea della rilevanza del sito archeologico, è bastato l’interesse di Marija Gimbutas per questa grotta a sollecitare la mia curiosità.

Un buon inizio dell’anno, ho pensato in attesa della diretta, ma di certo non mi aspettavo di “entrare” in una grotta che si trova nelle viscere della terra e a due passi da me dato che la Grotta infatti è un sito archeologico situato a Manfredonia, in provincia di Foggia.

Ad accompagnarci passo dopo passo nelle cavità di questo tempio della preistoria sono state due ricercatrici Antonella Traverso e Eugenia Isetti, ritratta affianco alla Gimbutas all’epoca degli scavi.
Fin da subito è stata fin un’esperienza di immersione profonda in un tempo e una storia fatta di immagini, ricordi, rimandi di studi storici e archeologici, che ci hanno donato una miniera di gemme preziose ricavate dall’esperienza diretta delle autrici. Ne sono rimasta incantata.

Al termine dell’incontro mi sono accorta che non poteva chiudersi lì la cosa perché c’era qualcosa di intimo e profondo che rimaneva sospeso per aria ed era l’inquietudine che mi aveva presa nello “scendere” in Grotta, un tremore che chiedeva di capire come facessero i nostri antenati a scendere in cavità così buie per officiare i loro riti sacri, cosa li spingeva a cercare nelle viscere della terra il senso della sacralità.

Era un mistero per me che avevo ancora bisogno di interrogare. Fra l’altro, gran parte dei riti sacri di Grotta Scaloria paiono legati all’acqua, come ci dicevano le relatrici nel mostrarci le coppette ritrovate attorno alle pozze d’acqua che si formano per stillicidio nel grembo di madre terra. Ulteriori elementi di ricerca che parlano del simbolico della Dea Madre così caro alla Gimbutas.

Con quale spirito chi accedeva alla grotta accettava di sdraiarsi sulla roccia per trascinarsi faticosamente fino alla cavità più profonda? Le pratiche collegate alle grotte e all’acqua sono da sempre legate a rituali di fertilità e quasi sempre sono le donne a frequentarle; questa discesa nel cunicolo stretto e buio non era forse un viaggio a ritroso nel canale da parto del grembo femminile? È questo il mistero che mi inquietava.

Da insegnante ho vissuto un’esperienza speleologica con le mie studentesse che mi ha fatto scoprire che ci vuole coraggio per entrare nelle grotte, luoghi bui, umidi, scivolosi, che ti trascinano verso l’ignoto. Subentrano paura e claustrofobia, ansia e resistenza se non sei mosso da una passione profonda. Quale era la passione profonda che spingeva donne e uomini della preistoria a fare delle viscere della terra il loro tempio? A domande come questa non è solo l’archeologia a cercare risposte. Anche la mistica, con la sua attrazione per la natura misterica delle cose, può provare a dare senso ad esperienza del sacro così estreme.

Le grotte in genere e quelle sotterranee in particolare mostrano da sempre ai miei occhi un evidente ricerca del grembo materno, il primo di tutti i luoghi sacri di cui ogni creatura umana fa esperienza nel venire al mondo. È forse questo il paradiso terrestre di cui conserviamo l’impronta ancestrale e a cui aneliamo tornare al termine della vita.

Di certo rimane un mistero del sacro distante dalla nostra esperienza così razionale ma al tempo stesso si rivela intrigante per chi si dedica alla ricerca di senso.

Mariagrazia Napolitano