Donne Radicali: Virgilia D’Andrea, una vita nell’anarchia – Brunella Campea

Come suggeriscono gli studiosi di Storia delle emozioni, le espressioni dei sentimenti non sono universali, bensì forgiate da classe e cultura, apprese dai contesti sociali e di genere. Come altri radicali tormentati da perdite e dolore, la D’Andrea esprimeva le proprie emozioni sia nel personale che nella politica.
I suoi attacchi agli Stati-nazioni imperialisti, al capitalismo, al matrimonio convenzionale, così come le unioni d’amore libero e il forte anticlericalismo risuonarono anche in altre donne radicali, non solo italiane, divenendo il tratto comune di scrittrici e oratrici coinvolgenti, venute dopo di lei, e suggerendo un legame ben più denso e profondo che riconnette loro, e altre donne, alla storia transnazionale di antifascismo femminista”.

L’11 maggio scorso è stato l’87° anniversario della morte a New York di Virgilia D’Andrea.
Insegnante, anarchica, poetessa, giornalista, e scrittrice, non è facile restituire di lei un carattere a tutto tondo, e questo sia per le grandi difficoltà a cui andò incontro con coraggio nella sua breve vita, che non scorrerà mai in maniera lineare e tranquilla, ma piuttosto a strappi crudeli, dove la resilienza costante e salvifica ci fa capire la personalità e la forza caratteriale di Virgilia.
Ma anche per le difficoltà derivanti dal fatto che sia stata colpevolmente dimenticata per tanti anni, a parte gli ambienti anarchici e gli storici particolarmente attenti alla storia del movimento.
Quando la scoprii per caso, diversi anni fa, probabilmente fu come un piccolo seme, che destò subito la mia attenzione e curiosità, nel tempo trasformatesi in uno studio più approfondito.
Ancora oggi molti abitanti di Sulmona, dove Virgilia nacque, non sanno assolutamente chi lei fosse.
Non si conosce la sua casa natale, non ci sono monumenti a lei dedicati, (a differenza dell’anarchico suo conterraneo Carlo Tresca).

Di lei c’è una sola, recente traccia toponomastica in una targa di marmo posta sul muro di una piccola strada nel quartiere Cappuccini, recante la scritta, oltretutto sbagliata, del suo nome “Virginia”, e con la semplice dicitura “poetessa sulmonese”.

Sentivo da tanto, quindi, il desiderio di restituirla in qualche modo a quanti ancora ignorano tutto della sua esistenza; era mia intenzione darle luce e farlo anche da un punto di vista storico, che ritengo essenziale e complementare all’aspetto biografico.

Non omettendo, seppure in una nota, nemmeno l’identità di suo fratello, probabilmente il simbolo di uno dei tradimenti più cocenti per lei, in quanto sia personale che politico e che, se possibile e con tutta l’amarezza che porta, non fa altro che restituire ancora più verità alla vita di Virgilia e ai suoi ideali.

Virgilia D’Andrea – Anima Rossa

Per gli agenti di Pubblica Sicurezza della Prefettura di Bologna, l’agitatrice libertaria Virgilia D’Andrea è descritta come un soggetto dall’aspetto comune e senza alcun segno speciale. “Bassa, con una corporatura media e i capelli lisci e bruni. Il suo viso è pallido e ovale, gli occhi castani, il naso piccolo, la fronte stretta… La mitezza dei tratti nasconde un’indole aggressiva e un temperamento combattivo”.
L’anarchica rivoluzionaria Virgilia D’Andrea nasce a Sulmona (AQ) l’11 febbraio 1888 da una famiglia di piccola borghesia. A sei anni aveva già perso entrambi i genitori (dapprima la madre, dopo poco tempo anche il padre, che lavorava come funzionario pubblico e che venne tradito dalla sua seconda moglie, il cui amante lo assassinò) e uno dei suoi fratelli.
A soli sei anni si aprirono quindi per lei le porte di un collegio di suore dove studiò fino a prendere il diploma di maestra. Completò poi l’iter per l’abilitazione all’insegnamento all’Università di Napoli e iniziò il suo lavoro di insegnante elementare nei paesini della Valle Peligna.
La sua coscienza anarchica emerse durante l’adolescenza in collegio, quando realizzò il senso dell’assassinio del re Umberto I da parte dell’anarchico Gaetano Bresci, nel 1900.
Grazie alla lettura di una poesia di Ada Negri, da lei molto amata, dal titolo “Il regicida”, capì le motivazioni reali del gesto di Bresci, che voleva vendicare il massacro di Stato ai danni dei milanesi nel 1898, durante il periodo dei cosiddetti Moti di Milano, contro l’inasprimento delle tasse e dei prezzi del pane.
“Bresci aveva ucciso nel nome di coloro che non hanno casa, che non hanno pane, né affetti. Aveva colpito in nome dei diseredati, dei calpestati”. Raccontava di questo momento come di una svolta quasi epifanica che la portò a centrare la sua politica successiva nella forza della ragione e della giustizia sociale.

Gli anni a cavallo tra fine ‘800 e inizio ‘900 furono per l’Abruzzo di grande sviluppo. Un settore importante fu quello della rete ferroviaria, grazie alla quale si superarono i confini naturali e “culturali” che fino a quel momento avevano isolato la regione.
Inoltre agli inizi del secolo, tra le poche fabbriche presenti nel territorio abruzzese vi erano gli impianti di Bussi (1902) per la produzione di cloro, soda etc…
Conseguenza di ciò fu anche la nascita delle associazioni operaie… nelle officine e nei cantieri nacquero dei veri e propri laboratori di politica sindacale. Questo favorì senz’altro la nascita dell’anarchismo nella regione, insieme alle conseguenze di una massiccia emigrazione. E fu soprattutto l’emigrazione verso gli Stati Uniti ad avere una forte influenza nella formazione politica degli abruzzesi.
Luoghi come New York, New Jersey, Pennsylvania, Massachusetts e Illinois vedevano già la presenza e la propaganda di leader come Malatesta, Gori e Galleani.
Il contatto tra gli emigranti e gli anarchici italo-americani venne amplificato nella regione tramite gli scambi epistolari con i parenti o in seguito al loro rientro in patria, senza contare l’invio di materiale di stampa anarchica. Scritti di Malatesta, Gori, Kropotkin, Louise Michel iniziarono a circolare nel territorio abruzzese.
Temi come l’emancipazione della donna e la lotta contro il potere governativo e della chiesa iniziarono a sollevare interesse.

Nascono le prime Camere del Lavoro nel 1907 a L’Aquila. Nel 1908 nacque la camera del Lavoro di Popoli (cittadina attualmente in provincia di Pescara, ma fino al 1927 in quella dell’Aquila), che nel giro di pochi anni divenne la più numerosa d’Abruzzo (il 1° gennaio 1909 contava 14 sezioni e 2349 iscritti), inferiore nel Mezzogiorno solo a Foggia, Napoli, Catania e Palermo. La maggior parte degli iscritti era composta dai lavoratori specializzati delle Industrie di Bussi, per intenderci 355 lavoratori dell’alluminio e 401 elettrochimici.

Nell’estate del 1918, su incarico dell’avvocato e amico di Sulmona Mario Trozzi, Virgilia D’Andrea fece un giro di propaganda nei territori di Sulmona e Popoli, costituendo proprio a Popoli una sezione socialista femminile.
Dal ’17 Virgilia è alla guida del movimento delle donne socialiste abruzzesi, e nella primavera dello stesso anno conosce l’anarchico romagnolo Armando Borghi, leader del movimento, del quale diventò la compagna di vita.

A Sulmona fino a circa il ’20 non esisteva ancora un gruppo anarchico ed i rivoluzionari militavano nelle sezioni del PSI, nelle Leghe Agricole, nelle Artigiane, nelle Camere del Lavoro e, molto numerosa, era la presenza all’interno del Sindacato dei Ferrovieri.
Nei primi anni del secolo, anche attraverso gli articoli da “Il Germe”, unico organo di stampa socialista rivoluzionaria della Valle Peligna, intrapresero l’attività politica e sindacale vari anarchici, tra cui, fra gli altri, Carlo Tresca e la stessa Virgilia D’Andrea.
Malgrado la militarizzazione causata dalla I Guerra Mondiale in Italia, tra il ‘14 e il ’18 ci furono circa 2500 scioperi, e tutto il malcontento accumulato caratterizzò il risveglio di tante coscienze proletarie.
Il primo gesto di sfida della D’Andrea fu proprio durante la prima guerra mondiale, quando lasciò l’insegnamento per associarsi alla campagna antimilitarista, contro l’intervento dell’Italia in guerra.

Nel luglio del ’19, in occasione di uno sciopero internazionale, Virgilia D’Andrea venne arrestata insieme ad altri esponenti di spicco del movimento anarchico.
L’inizio della relazione con Borghi, che è anche connotata dal medesimo impegno civile e passione politica, rende anche la vita di Virgilia soggetta a stretta sorveglianza da parte della polizia, in pratica una semi-clandestinità che li porterà in seguito all’esilio.
La politica della D’Andrea è molto influenzata dal leader anarchico Malatesta, che la definirà “la poetessa dell’anarchia”. Il 7° punto del suo testo “Il nostro programma” riporta: “Ricostruzione della famiglia, in quel modo che risulterà dalla pratica dell’amore, libero da ogni vincolo legale, da ogni oppressione economica o fisica, da ogni pregiudizio religioso”.
La D’Andrea, come Malatesta, immagina una società composta da federazioni di libere associazioni di Produttori e consumatori che operano armoniosamente in reciproco interesse.

Dal 1918 Virgilia collabora come redattrice all’organo dell’USI (Unione Sindacale Italiana) “Guerra di classe” e su “Umanità nova”. Entra a far parte della segreteria del sindacato, accanto a Borghi e Malatesta, come responsabile dell’ufficio di propaganda. Nel ’20 si trasferisce a Milano.

Nella seconda metà del ’19 anche in Abruzzo cominciarono le occupazioni delle terre con i lavoratori in rivolta contro il Regno. Ma lo stato si riorganizzò, Nitti incrementò ed armò un vero e proprio esercito interno: la Guardia Regia arrivò a 25000 uomini con il precipuo compito di repressione, ed i Carabinieri furono portati da 28000 unità a 60000.
Dopo essere stata arrestata nell’ottobre del ’20 a Milano per i reati di “cospirazione contro i poteri dello Stato ed incitamento all’insurrezione” ed inoltre per “istigazione a delinquere, apologia di reato e per complicità morale in atti terroristici commessi da terzi con esplosioni di bombe”, e questo soltanto a causa di articoli di giornali e discorsi di comizi, dopo un mese di prigione Virgilia esce in libertà provvisoria (la sua poesia “Non sono vinta”, scritta in quel periodo, rende bene l’idea di quanto forte e resiliente fosse Il suo ideale anarchico).

Ma l’attività delle forze che si oppongono al nuovo governo diventa sempre più difficile. Tra l’agosto e il settembre del ’20 a Torino vennero occupate le fabbriche (Virgilia dedicherà a quell’evento ancora un’accorata poesia “La presa e la resa delle fabbriche”), ma sia il PSI che la CGdL fecero crollare il fronte unico con la decisione di abbandonare la via dell’azione insurrezionale. A questo si aggiunse la mediazione di Giolitti, con la quale vennero presi accordi con gli industriali che promisero aumenti salariali. Fu cosìcompromessa ogni forma di lotta. La repressione di Giolitti e gli episodi di squadrismo fecero il resto.

La sovrapposizione di comunisti ed anarchici fece si che il fascismo, una volta al potere, passasse ad una dura repressione. La prima parte del ’21 fu caratterizzata dalla generale rassegnazione di molti rivoluzionari, seguita dall’emigrazione di tanti anarchici.
Eppure il proletariato della Valle Peligna, in Abruzzo, resisteva. Furono organizzati diversi scioperi, tutti molto partecipati. Le conseguenti repressioni furono più violente all’Aquila e poi a Popoli e Giulianova, “città rosse” di sempre, sedi storiche e combattive, dove tanto era stato il lavoro di anarcosindacalisti e Socialisti rivoluzionari. Le spedizioni punitive erano costituite soprattutto da migliaia di fascisti delle regioni del nord.
A Popoli vi furono arresti di massa, il segretario della Camera del Lavoro venne arrestato e rinchiuso nel carcere di Sulmona, dove fu brutalmente torturato.

Nelle cosiddette stragi di Raiano, ad una manifestazione popolare contro l’aumento del canone dell’acqua per irrigare i campi, si ebbero 5 morti e 15 feriti.
Popoli subì più spedizioni punitive dato che ebbe sicuramente una cospicua presenza anarchica, in quanto sede di una delle Camere del Lavoro più numerose del meridione, all’interno della quale militò anche il tipografo anarchico Nerino Fracasso, schedato successivamente come socialista rivoluzionario, al quale venne assaltata e incendiata la tipografia durante un’azione punitiva nell’agosto del ’22, e che infine venne assassinato il 2 luglio 1928.
Alla fine il fascismo si impose molto rapidamente anche in Abruzzo, distruggendo gran parte del movimento. Ma nonostante tutto, tra l’ottobre 1921 ed il febbraio 1922, gli anarchici abruzzesi organizzarono tre manifestazioni pro Sacco e Vanzetti ed il terzo e ultimo Convegno regionale.

E’ dunque in questo panorama politico e sociale della sua regione d’origine, alla quale rimase sempre molto legata, che possiamo trovare le radici e la matrice intima della militanza anarchica della D’Andrea.
In occasione del congresso sindacale internazionale del movimento anarchico del ’23, Virgilia D’Andrea e Armando Borghi si trasferirono in Germania. Lì la d’Andrea conosce, tra gli altri, Emma Goldman, in un periodo denso di attività e di incontri.
Riguardo il ruolo delle donne nel movimento Virgilia non sembra sbilanciarsi molto, a differenza della sua compagna di lotte, in perfetta antitesi. Se per la Goldman l’ineguaglianza tra donne e uomini è il prodotto del nucleo familiare e delle relazioni sessuali tradizionali, e quindi il suo richiamo è alla abolizione del matrimonio e della famiglia e a favore della libertà sessuale, la D’Andrea sembra molto silenziosa sull’argomento. Se pare non interessarle il sessismo dei suoi compagni, viceversa li critica quando si oppongono alla partecipazione delle donne nelle azioni dirette.

Ma è anche vero che nella sua vita personale rifiuta sia il matrimonio formale che la maternità (a tal riguardo la sua poesia “Per non vederti odiare”, del ’19, potrebbe anche far ipotizzare una tanto plausibile quanto sofferta interruzione di gravidanza).
La sua attenzione forse andava oltre, alla definizione di un ruolo per le madri anarchiche come educatrici rivoluzionarie di bambini (maternità anarchica).
Nel marzo del ’23 la D’Andrea viene denunciata per istigazione a delinquere a causa della pubblicazione della sua raccolta di poesie “Tormento”.
Anche la permanenza in Germania è destinata a finire, si era nel tempo della forte caduta del marco, la miseria era dappertutto e la denutrizione affliggeva molti, e qui proprio a causa della forte denutrizione Virgilia comincia a soffrire di gravi problemi di salute.
Verso la fine del ’24 si trasferisce con Borghi a Parigi, punto di riferimento di tanti esuli politici italiani.
Nel ’25 s’iscrive alla Sorbona cercando di proseguire i suoi studi.
Tra il ’26 e il ’27 fonda e dirige la rivista anarchica “Veglia”, scritta in lingua italiana e a cadenza mensile, dove raccoglie gli articoli di molti collaboratori anarchici di quegli anni. Si occupa degli “sradicati d’Europa, dei destituiti, dei perseguitati, degli emarginati”. Per la D’Andrea il fascismo era un tradimento per l’Italia, un’offesa alla sua storia e alla sua tradizione umanista.
In un rapporto delle forze di polizia dell’ottobre 1928 si legge: “Tra gli anarchici si parla con insistenza del ritorno in Italia della compagna di Borghi, Virgilia D’Andrea, che è sorella al D’Andrea Ugo<fn>Ugo D’Andrea (AQ, 14 settembre 1893 – Roma 1979) Prese parte alla I Guerra Mondiale. Dopo la laurea in scienze amministrative ed economiche, nel 1919 si iscrive al partito fascista e inizia a lavorare come giornalista, fino a divenire redattore del Giornale d’Italia. Nel ’36 cominciò a lavorare all’EIAR nella redazione del giornale radio. Fu firmatario del manifesto degli intellettuali fascisti. Fu uno stretto collaboratore del Bottai per tutto il ventennio fascista ed ebbe anche rapporti con Ciano.
Alla fine della II Guerra Mondiale continuò l’attività giornalistica con lo pseudonimo Filippo Giolli, collaborando per più di 25 anni con il quotidiano “Il tempo”. Abiurò le sue precedenti posizioni ideologiche e politiche, entrando nel Partito Liberale Italiano e ricoprendo i ruoli di assessore all’urbanistica di Roma dal 1955 al 1961, e di senatore per due legislature. Fu docente universitario. Al suo rientro in Italia Borghi lo incontrò diverse volte.(Treccani-Dizionario Biografico degli Italiani)</fn>, scrittore del Giornale d’Italia. La D’Andrea è pericolosissima e quindi non intenzionata a fare ritrattazioni o atti di pentimento. Secondo gli agenti l’anarchica è scaltra, audace, furba e dunque molto pericolosa, e gli anarchici sanno bene che essendo sorella di un gerarca fascista potrebbe godere dell’impunità” (precisiamo che la D’Andrea non nomina mai nei suoi scritti suo fratello Ugo, e che al tempo della morte violenta del padre, Virgilia aveva circa sei anni e suo fratello uno).
Ma tutte queste congetture erano prive di fondamento, tanto che nel ’28 Virgilia si trasferisce negli Stati Uniti, raggiungendo Borghi lì emigrato dal ’26.
Per ottenere l’ingresso negli stati Uniti Virgilia si servì proprio delle istituzioni di genere che aveva sempre respinto, sposandosi con un compagno della rete del New Jersey che la assicurò come moglie di un cittadino americano; ma si trattava solo di un matrimonio di copertura, tanto che in seguito il Dipartimento di Stato Americano avviò la procedura di deportazione nei suoi confronti con l’accusa di essere entrata nel territorio sotto falso pretesto.
Quando Virgilia arrivò a New York da Parigi Sacco e Vanzetti erano morti, ma a Parigi la D’Andrea raccolse molti sostegni a favore della loro causa, anche attraverso la rivista “Veglia”.
Definiva i due anarchici “Cristi delle barricate, che incarnavano la storia di tutti gli immigrati costretti a fuggire dalla povertà e dall’oppressione dal proprio paese solo per diventare stranieri sfruttati all’estero”.
Negli anni’20 Mussolini era molto considerato nelle élite americane… Roosevelt affermava quanto egli fosse un leader straordinario che era riuscito a civilizzare gli WAPS (emigranti senza passaporto), e in Etiopia civilizzava i neri. Roosevelt arrivò a considerare il fascismo come “un importante esperimento politico, fino a quando non lo rovinerà Hitler”.
Ed è contro tali affermazioni che si scaglia con forza la D’Andrea, ed il fatto di essere una sopravvissuta e costante voce oppositrice al regime fascista, la resero un’oratrice di grande ispirazione.
Al momento dell’ingresso della D’Andrea negli Stati Uniti, quella che una volta era la fiorente subcultura radicale italiana tra New York e il New Jersey, era stata fortemente mutilata, molti anarchici erano stati arrestati o deportati, o perfino uccisi. Nel 1921 e poi nel ’24 il Congresso Americano adottò misure altamente restrittive sull’immigrazione. Il Ku Klux Klan iniziò a crescere negli anni ’20, così come il fascismo, specialmente tra le classi medio borghesi di italiani d’élite, che avevano legami con i consoli generali di Mussolini.
Con la crescita del supporto per Mussolini nelle comunità italoamericane, crebbero anche i movimenti anarchici, comunisti, rivoluzionari all’interno delle piccole comunità, luoghi di lavoro, quartieri interi.
E fu di grande sostegno per tali collettività l’arrivo di esuli come la D’Andrea, una compagna-poetessa stimata e rispettata, che con le sue conferenze e lezioni aveva influenzato il movimento negli Stati Uniti.

Per lei la politica ed il personale non sono scissi: come lei stessa era stata tradita dai più anziani, che avrebbero dovuto proteggerla, e gli sfruttati erano stati traditi da una classe politica che fingeva non esistessero, quando non li perseguitava, così fu anche l’Italia, tradita da un dittatore che aveva deturpato l’idea centrale di patria, di libertà e di bene comune. Il nuovo “Papa-Re” tradisce i vinti, facendoli credere nelle eresie di un “Giuda che tradirà di nuovo molte volte e di cui un giorno l’Italia si vergognerà”.
Qui torna il concetto di “tradimento”, che diventa la chiave di lettura degli eventi che riguardano la sua vita, sia personali che politici.
La D’Andrea scriveva dell’ “Ideale anarchico” come di una “rivolta secolare” contro tutte le oppressioni (l’idea di Dio, Padrone, Governo) e come un insieme di idee di “ribellione in rinascita”, che agivano insieme come stimolo costante per un cambiamento morale del mondo.
Faceva anche riferimento ad una schiera di figure ribelli, dall’antichità all’era moderna, i cui pensieri e azioni riflettevano i germogli e gli elementi chiave del pensiero anarchico. Primo fra tutti, citava Lao-Tse, filosofo cinese del VI secolo, nel cui tentativo di fondare una nuova società basata sui principi di uguaglianza e libertà, e demolire la proprietà privata e l’autorità, c’erano tracce dell’ideale anarchico.
Uno dei temi per lei significativi riguarda il ricorso alla violenza nella strategia fascista.
Come seguace di Malatesta si era opposta alla violenza “gratuita” e priva di senso ma, come lui, difendeva la violenza come atto rivoluzionario legittimo in condizioni utili a fomentare una rivoluzione. Infatti, in occasione di una conferenza tenuta a Brooklyn nel settembre del ’29, dal titolo “The violence of the oppressor and the revolt of the oppressed”, incitava al terrorismo antifascista.

La D’Andrea venne infine tradita anche dal suo stesso corpo, ormai malato. L’esilio divenne ben presto per lei un giro sulle montagne russe, che la spinsero tra esplosioni repentine di energia e periodi di sfinimento e depressione, segno di una stanchezza sia fisica che psichica, incluso il dolore che accusava per il tumore all’intestino retto.
Dopo aver subito un intervento d’urgenza a boston nel ’32, in seguito ad un’emorragia, Virgilia torna a New York dove procede alla stesura di “Torce nella notte”. Ma nella primavera del ’33 è di nuovo tormentata da atroci dolori.
Il primo maggio viene di nuovo ricoverata per una seconda operazione. Morirà dopo dieci giorni di dolori e sofferenze, ma non prima di aver tenuto fra le mani, accarezzato e baciato la prima copia del suo libro, appena edito.
Le manifestazioni di cordoglio che seguirono la sua morte sottolinearono il grande riguardo che sentivano per lei i suoi compagni. I suoi funerali furono imponenti.

La raccolta di opere della D’Andrea include un volume di poesie, “Tormento”, pubblicato in Italia nel ’22, “L’ora di Maramaldo”, pubblicato in Francia nel ’25 e in seguito a New York, e “Torce nella notte”, pubblicato a New York nel ’33. Inoltre, una dozzina di sue conferenze e di interventi resi reperibili grazie al giornale anarchico “L’adunata dei Refrattari”, fu raccolta e prodotta dalle Edizioni Antistato di Cesena nel 1956, col titolo “Richiamo all’anarchia”.

Come suggeriscono gli studiosi di Storia delle emozioni, le espressioni dei sentimenti non sono universali, bensì forgiate da classe e cultura, apprese dai contesti sociali e di genere. Come altri radicali tormentati da perdite e dolore, la D’Andrea esprimeva le proprie emozioni sia nel personale che nella politica. I suoi attacchi agli Stati-nazioni imperialisti, al capitalismo, al matrimonio convenzionale, così come le unioni d’amore libero e il forte anticlericalismo, risuonarono anche in altre donne radicali, non solo italiane, divenendo il tratto comune di scrittrici e oratrici coinvolgenti, venute dopo di lei, e suggerendo un legame ben più denso e profondo che riconnette loro, e altre donne, alla storia transnazionale di antifascismo femminista.

di Brunella Campea

Foto: Biblioteca Libertaria Armando Borghi


Fonti:

  • Virgilia D’Andrea: Tormento, Galzerano Editore
  • Virgilia D’Andrea: Torce nella notte, Galzerano Editore/Atti e memorie del popolo 2003
  • Virgilia D’Andrea: Selezione di opere con introduzione di Giacomo Senesi
  • Virgilia D’Andrea: Conferenze Americane, Riccardo Condò Editore 2017
  • Francesca Piccioli: Virgilia D’Andrea – Storia di un’anarchica, Centro Studi Libertari “Camillo Di Sciullo” Chieti 2002
  • Edoardo Puglielli: Abruzzo Rosso e Nero, Centro Studi Libertari “Camillo Di Sciullo” Chieti 2003
  • Franca Iacovetta and Lorenza Stradiotti: Betrayal, Vengeance, and the Anarchist Ideal – Virgilia D’Andrea’s Radical Antifascism in (American) Exile, 1928-1933, Journal of Women’s History, Volume 25, Number 1, Spring 2013