Trotula de Ruggiero è stata la più famosa delle Mulieres Salernitanae, le donne medico dell’antica e rinomata Scuola Medica di Salerno, dove la scienziata studiò, insegnò e svolse attività medica pratica curando molte donne, sia nobili che popolane, e assistendole durante il periodo della gravidanza e del post parto.
Le sue teorie precorsero i tempi in molti campi tra cui quello della prevenzione e dell’igiene. Fu autrice di trattati di medicina che mostrano eccezionali conoscenze in campo dermatologico, ginecologico, ostetrico e cosmetico.
La sua figura si inserisce nella lunga tradizione – che attraversa l’Antichità e il Medioevo – delle donne attive in professioni mediche. La sua eccezionalità è dovuta al fatto di aver scritto, o dettato ai suoi allievi, il proprio insegnamento, ponendolo sul piano di un sapere tramandabile.
I dettagli della vita di Trotula sono sconosciuti. La sua figura è avvolta da un aurea di mito e mistero. Alcune tesi storiche concordano che il periodo della sua vita matura è intorno al 1050 a Salerno, città aperta agli scambi economici e culturali con tutto il Mediterraneo, uno dei luoghi più vitali del mondo allora conosciuto. Alcune ipotesi storiche la designano come discendente dell’antico casato longobardo dei “De Ruggiero” e , come membro della nobiltà, ebbe la possibilità di frequentare le scuole superiori e di specializzarsi in medicina. Non ci sono testimonianze dirette dei suoi studi, ma diverse annotazioni si riferiscono a lei in tal senso. Sposò il medico Giovanni Plateario da cui ebbe due figli che continuarono l’attività dei genitori.
Trotula ebbe idee innovative sotto molti aspetti: considerava che la prevenzione fosse l’aspetto principale della medicina e utilizzava nuovi e insoliti metodi, sottolineando l’importanza che l’igiene, l’alimentazione equilibrata e l’attività fisica rivestono per la salute. Non ricorse quasi mai a pratiche medievali rivolte all’astrologia, alla preghiera o alla magia. In caso di malattia consigliava trattamenti dolci che includevano bagni e massaggi. I suoi consigli erano di facile applicazione e accessibili anche alle persone meno abbienti.
Le sue conoscenze in campo ginecologico furono eccezionali e molte donne ricorrevano alle sue cure. Fece nuove scoperte anche nel campo dell’ostetricia e delle malattie sessuali. Cercò nuovi metodi per rendere il parto meno doloroso e per il controllo delle nascite.
Si occupò del problema dell’infertilità, cercandone le cause non soltanto nelle donne, ma anche negli uomini, in contrasto con le teorie mediche dell’epoca.
Annotò queste scoperte nella sua opera più conosciuta il De passionibus Mulierum Curandarum (Sulle malattie delle donne), divenuto successivamente famoso col nome di Trotula Major, quando venne pubblicato insieme al De Ornatu Mulierum (Sui cosmetici), un trattato sulle malattie della pelle e sulla loro cura, detto Trotula Minor.
I testi sono scritti in latino medievale e la trattazione risulta straordinaria perché, per la prima volta, una donna medico parla esplicitamente anche di argomenti ritenuti tabù come il desiderio sessuale trattato come un fatto naturale per il benessere psicofisico della persona, e lo fa in modo laico, senza nessun accento moralistico dettato dalla religione.
Accanto all’elaborazione teorica delle esperienze, nel testo si trovano numerosi esempi pratici. Poiché Trotula conosceva gli insegnamenti di Ippocrate di Kos (460-377 a.C.) e di Claudio Galeno (129-200 d.C.), vi faceva riferimento nelle sue diagnosi e nei suoi trattamenti, agendo una antica concezione della natura che legava le caratteristiche della persona all’intero cosmo. Nel Trotula Minor, l’autrice si occupa della bellezza: scrive di rimedi per il corpo, di pomate e di erbe medicamentose per il viso ed i capelli e dispensa consigli su come migliorare lo stato fisico con bagni e massaggi. Questo argomento non rappresenta un aspetto frivolo dei suoi testi, per Trotula lo sguardo sulla bellezza di una donna ha a che fare con la filosofia della natura cui si ispira la sua arte medica: la bellezza è il segno di un corpo sano e dell’armonia con l’universo.
Nel XIII secolo le idee e i trattamenti di Trotula erano conosciuti in tutta l’Europa e facevano già parte della tradizione popolare. I suoi scritti vennero utilizzati fino al XVI secolo come testi classici presso le Scuole di medicina più rinomate. Il Trotula Maior, in particolare, venne trascritto più volte nel corso del tempo subendo numerose modificazioni, inoltre, come altri testi scritti da una donna, venne impropriamente attribuito ad autori di sesso maschile: ad un anonimo, al marito o ad un fantomatico medico Trottus. Nel XIX secolo alcuni storici, tra cui il tedesco Karl Sudhoff, negarono la possibilità che una donna avesse potuto scrivere un’opera così importante e cancellarono la presenza di Trotula dalla storia della medicina. La sua esistenza fu però recuperata e dimostrata a partire dagli studi di fine Ottocento dagli storici e medici italiani, tra cui Salvatore de Renzi.
Le altre donne medico della scuola di Salerno sono ricordate dallo storico salernitano, Antonio Mazza, priore della Scuola di medicina nel XVII secolo, che nel saggio Historiarum epitome de rebus salernitanis scrive “Abbiamo molte donne erudite, che in molti campi superarono o eguagliarono per ingegno e dottrina non pochi uomini e, come gli uomini, furono ragguardevoli nell’ambito della medicina”.
Tra le mulieres salernitanae più famose sono da citare:
Abella Salernitana che scrisse due trattati, de atrabile (Sulla bile nera) e de natura seminis humani (Sulla natura del seme umano); Mercuriade a cui vengono attribuiti studi sulla peste, sulle crisi e sui metodi per curare le ferite; Costanza Calenda, figlia del famoso medico Salvatore Calenda che operò nel XV secolo; Rebecca Guarna, scrisse opere sull’embrione, sulle urine e sulle febbri; Francesca Romana, valente chirurga del XII secolo.
La Scuola Medica di Salerno fu il primo Centro di Cultura non controllato dalla Chiesa e divenne talmente rinomata da essere considerata la prima università d’Europa a effettuare attività di ricerca. In quel luogo, grazie a Costantino Africano si cominciò a tradurre dall’arabo in latino i testi di medicina degli antichi scienziati greci, rendendoli nuovamente accessibili agli studiosi occidentali.
Ma quando e come nasce l’ANTICA SCUOLA MEDICA SALERNITANA?
Un’antica leggenda vuole che la Scuola sia stata fondata da quattro maestri: il latino Salerno, il greco Ponto, l’ebreo Elino e l’arabo Adela. Molto più prosaicamente la nascita di questo istituto la si deve molto probabilmente ad un lento processo che ha inizio nei tanti monasteri di Salerno concentrati in un’area sicura sul monte Bonadies. Una delle attività dei monaci era proprio la cura dei malati con relativa produzione di farmaci tratti dai vegetali, e deve essere proprio in questo modo che la medicina, da opera pia, si deve essere trasformata in una disciplina laica. A testimonianza di questo metodo di cura a Salerno troviamo ancora oggi il GIARDINO DELLA MINERVA, il più antico giardino botanico d’Europa, costruito secondo i criteri della dottrina tetranica, comunemente conosciuta come “teoria dei quattro umori” (sangue, flemma, bile gialla e bile nera) che se sono in equilibrio rendono il corpo sano, altrimenti si genera la malattia. Una teoria sistematizzata da Galeno che prende spunto dalla teoria dei quattro elementi (aria, acqua, fuoco e terra) di derivazione ippocratica.
La didattica della scuola medica di Salerno si basava quindi sui classici elaborati dagli antichi medici Ippocrate e Galeno anche se il vero cuore degli insegnamenti si basava sulla sperimentazione e sull’esperienza che ogni medico, uomo o donna, maturava nella cura dei malati e che trasmetteva agli allievi. Il testo più celebre che racchiude gli antichi saperi è il REGIMENS SANITATIS SALERNITATUM, un trattato che dispensa farmaci fitoterapici, e che osserva anche la salute dell’anima oltre quella del corpo, per essere pienamente in salute.
La Scuola di Salerno raggiunge il suo massimo splendore tra il X ed il XIII secolo permettendo alla città di Salerno di fregiarsi del titolo di Hippocratica Civitas (Città Ippocratica), titolo che ancora oggi compare nel suo stemma. Nel 1231 l’imperatore Federico II stabilì che solo i medici in possesso di diploma rilasciato dalla Scuola Medica Salernitana potessero esercitare l’arte medica.
Ancora oggi i suoi insegnamenti sono oggetto di convegni e studi moderni, per mantenere viva un’antichissima tradizione fitoterapica e capire come applicarla nelle nuove frontiere delle biotecnologie e nelle tecniche di ingegneria genetica.
Qui di seguito alcune docenti e alcuni medici che si occupano di queste ricerche innovative, tra cui:
- Enrica De Falco (professoressa dipartimento di Farmacia, Università di Salerno, corsi di ‘Colture officinali’; ‘Coltivazione di piante per la produzione di alimenti funzionali e nutraceutici’),
- Rita Patrizia Aquino (professoressa dipartimento di Farmacia, Università di Salerno),
- Virginia Lanzotti (professoressa di chimica organica, dipartimento di agraria università Federico II di Napoli),
- Aldo Pinto (professore di Farmacologia presso presso l’Università Federico II di Napoli),
- Antonella Leone (biochimica, Consiglio Nazionale delle ricerche).
Chiara Chianese