La storia dell’Umanità è intessuta di racconti mitici, testi sacri, formule magiche, preghiere, canti che raccontano il potere di cura delle parole. Spesso queste tradizioni sono tramandate per linea femminile o riguardano miti legati alle Dee. Ad esempio, nei Rgveda, la più antica tra le quattro raccolte di inni sacri dei Veda, la parola è identificata con una Dea: Vāc, Dea della Parola e anche della guarigione. La più importante tra le divinità femminili egizie, Iside, in origine non era una Dea, ma lo divenne proprio grazie all’uso di parole magiche di guarigione.
Le formule magiche di guarigione in molti luoghi del mondo sono tramandate per via femminile. In Sardegna, ad esempio, sono ancora in uso, (seppur limitatamente) dei talismani di protezione dal male che contengono foglietti con parole (a seconda del contenuto vengono chiamati scrapulari, pungas, breves o rezettas). La tradizione vuole che per preparare questi talismani vengano confezionati abbrebau, ovvero che siano “avvolti di parole”, nel senso che la realizzazione sia accompagnata dall’uso di parole magiche da parte di donne che conoscono le preghiere rituali di consacrazione. Una volta realizzati, andranno portati addosso, a contatto col corpo, al fine di proteggersi o di guarire da ogni tipo di male.
La commistione tra magia e guarigione era la normalità sino a Ippocrate. Sino al V secolo d.C., infatti, gli atti di cura erano al contempo magici e scientifici, legati al sacro e alla medicina, senza che tra le due sfere ci fosse soluzione di continuità. La storia dell’uso della parola Abracadabra è una testimonianza esemplare di questo modus pensandi poiché venne citata dal medico dell’imperatore Caracalla come strumento di cura nel suo Liber medicinalis.
Come mai da millenni in tutto il mondo continuiamo a recitare mantra, preghiere, ninne nanne, formule magiche e canti di guarigione?
Esiste un fondo di verità rispetto al potere di cura attribuito alle parole in molte tradizioni del mondo? Che effetti hanno sulla nostra mente e sul nostro corpo le parole che ascoltiamo, leggiamo, pronunciamo o scriviamo ogni giorno?
Dopo un lungo e appassionato lavoro di ricerca che ha unito due ambiti di ricerca apparentemente distanti, la Milano University Press ha pubblicato il saggio a carattere divulgativo di Cristina Muntoni, Direttrice dell’Accademia di Arteterapia di Cagliari, e Alberto Priori, professore ordinario di neurologia all’Università di Milano Statale: Abracadabra. Il potere di cura delle parole tra mito, tradizioni e neuroscienze.
Il libro affronta per la prima volta al mondo il tema del potere di guarigione delle parole sia da un punto di vista della storia delle religioni, della mitologia e delle tradizioni popolari, che da un punto di vista neuroscientifico. L’analisi degli effetti neurobiologici della parola detta, scritta, ascoltata, cantata passa anche attraverso ricerche curiose come quella su un gruppo di suore in preghiera o sugli effetti dei mantra e della ninnananna. È un viaggio perlustrativo che percorre in linea retta la storia dell’umanità dall’origine della scrittura alle tradizioni popolari, passando per i canti di guarigione creati da santa Ildegarda e il nushu, il linguaggio segreto delle donne cinesi che per la prima volta al mondo è stato analizzato per gli effetti terapeutici che può aver prodotto nelle donne che lo hanno usato.
In un tempo in cui siamo costantemente sottoposti a un’inarrestabile esposizione verbale, vocale o scritta, questo libro invita a risvegliare la consapevolezza su quali effetti abbiano le parole per far sì che se ne possano amplificare gli effetti positivi proteggendosi da quelli nefasti poiché il frenetico flusso comunicativo a cui siamo costantemente sottoposte/i ha la capacità di incidere sui nostri pensieri, sul nostro equilibrio e anche sulla nostra salute.